38 – Dicembre ‘87

dicembre , 1987

Dispiace mollo quando si incontra un giovane artista che ripete, stancamente, moduli triti e ritriti tanto da non essere neppure più un linguaggio, ma soltanto uno stilema. Indubbiamente l’originalità a tutti i costi non è meno triste ed inefficace, però almeno un tentativo di ricerca personale si dovrebbe sempre scorgere in un gruppo di lavori radunati per essere osservati dal pubblico. E anche probabile che nei lavori di Pietro Finelli, nato a Montesarchio in provincia di Benevento nel 1957, qualcosa di originale ci sia e siamo stati noi a non accorgercene, ma se proprio dobbiamo essere sinceri in quei fogli di carta e metallo non abbiamo trovato nulla che ci abbia anche un po’ interessato. Finelli comunque è un giovane artista proiettato verso il futuro ed è quindi possibile che sul suo cammino trovi anche’la possibilità di una riflessione critica e di cambiamento che noi gli auguriamo di cuore. Un particolare divertente e involontariamente umoristico ci è parso quel cartellino «attenti al cono» messo subito a destra dopo l’ingresso della galleria Il Ponte, di via di S. Ignazio, per evitare che l’acuminata punta di rame di una scultura possa far danni a chi si muove inavvertitamente; ma certo quest’effetto non l’ha cercato Pietro Finelli.

Alla galleria La Margherita di via Giulia sono esposte una sessantina di tavole di Gianfranco Baruchello, artista multimediale, nato a Livorno nel 1924, attivissimo tra le avanguardie intorno agli anni sessanta.
Difficile è dire cosa contengano le tavole esposte, accomunate dal titolo «Faraone dei sentimenti». Quello che si vede è una specie di geografia fatta di segni minuti e colorati, combinati con parole. A ben guardare si distinguono omini e montagne, grattacieli ed uccelli. Anche frammenti archeologici in un brulicante universo sconnesso, in una esplosione della mente che non ritrova punti cardinali. Il Grande Faraone è un rosso giubbotto attraversato da un bianco reticolo che parte da un cuore meccanico, gigantesco fantasma d’uomo, anch’esso circondato di piccole tracce. L’ultimo quadro di R.G. è il resoconto di un incubo, coi frammenti della Vucciria che schizzano all’intorno. Che sia scrittura, disegno, pittura o alchimia, la strada per la quale Baruchello cerca di raccontarci il suo mondo, l’impressione che dà è quella di una personalità dispersa che ha perso di vista anche il mondo.