35 – Agosto ‘87

agosto , 1987

Christus

Di Leda Gys avevano probabilmente perso le tracce anche molti cinefili; questo «ritrovamento» al Festival dei Due Mondi di Spoleto è un merito della Sezione Cinema per conto della quale Fabrizio Natale e Fulvio Toffoli hanno riproposto tre film dell’attrice ed una mostra documentaria a Palazzo Collicola.
Giselda Lombardi (1892-1957) ha girato molti film muti tra il 1913 ed il 1929, quando si ritirò per dedicarsi alla famiglia (era la moglie di Gustavo Lombardo e la madre di Goffredo, della casa di produzione cinematografica Titanus).
La sua fu soprattutto una figura di interprete brillante e disinvolta, che si volle contrapporre a quelle «divine», sempre drammaticamente appese alle tende, che allora andavano per la maggiore.
In Christus la vediamo invece in un ruolo sacrale e drammatico: quello della Madonna. Il film, del 1916, segue la storia di Cristo dall’annunciazione fino all’ascensione; è diviso in tre blocchi ed in tantissimi episodi. Il regista Giulio Antamoro e gli sceneggiatori e soggettisti hanno inteso riprodurre quasi tutta l’iconografia cristologica della storia dell’arte italiana, ottenendo in alcuni momenti un discutibile esito di tableaux vivants. Fortunatamente lo strumento cinematografico ha spezzato questa fissità programmatica in mille frammenti, originando scene ed episodi non banali, talora intensamente patetici o fortemente drammatici.
La macchina da presa nelle mani di Antamoro è strumento già allora dalle ricche possibilità; così è riuscito a cogliere ed a restituire al meglio particolari minuti e grandiose panoramiche di masse.
Tra lo stuolo di attori più o meno convenzionalmente bravi, abbiamo apprezzato moltissimo l’interpretazione del personaggio di Barabba, reso con bella originalità in chiave quasi grottesca. Il Gesù di Alberto Pasquali al contrario è risultato quasi sempre ottuso e fisso.
Leda Gys, nelle pochissime scene in cui ha fatto la sua apparizione, non ha avuto molte possibilità; è riuscita tuttavia a dare un ritratto di Madonna abbastanza sfaccettato: lievemente giocosa nel bozzetto iniziale dei due sposi di Nazareth, da rileccato santino nelle scene dell’infanzia di Gesù, e infine, dopo un persistere di stereotipe espressioni drammatiche nella Passione, è stata capace di sciogliersi in un quasi convincente pianto. Le musiche eseguite dal vivo da componenti dell’ Unione Musicisti di Roma, diretti dal Maestro Gino Peguri, prevedevano l’uso di un coro, un harmonium (un organo elettrico in realtà) e due pianoforti. Composte da Don Giocondo Fino per la prima romana, rivelano un compositore dalla buona stoffa: mai banalmente onomatopeiche tendono piuttosto a sottolineare atmosfere ed emozioni. La parte vocale si articola in un semplice contrappunto, lievemente popolaresco e tradizionale. La parte orchestrale ricorda spesso le atmosfere di Respighi, sebbene non siano assenti tratti chiaramente riconducibili alla coeva musica per operetta. Il pubblico della prima di gala, al Teatro Nuovo, le ha applaudite, insieme con il film.