34 – Luglio ‘87

luglio , 1987

Spoletocinema

Noi siamo particolarmente contenti di aver visto in questi anni l’arte cinematografica acquistare lentamente peso ed importanza al Festival dei Due Mondi grazie all’impegno intelligente e costante di Fabrizio Natale e Fulvio Toffoli. La cultura del Novecento deve moltissimo al cinema, che ha ormai una sua storia, non solo strettamente inserita nelle correnti artistiche, ma anche intimamente legata (talvolta persino più di altri fenomeni culturali) ai fatti sociali e politici. Due sono quest’anno gli avvenimenti di grande richiamo: la presentazione di Christus con Leda Gys prevista al Teatro Nuovo con la partecipazione dell’orchestra dell’Unione Musicisti di Roma, e l’anteprima dell’Intervista di Federico Fellini alla sala Frau.
Le molte proiezioni di quest’anno sono suddivise in tre cicli: Gli anni di Cinecittà; Le belve della notte e Leda Gys attrice.
Molto ampia è la rassegna dedicata alla città del cinema che festeggia i cinquant’anni di attività; la scelta è stata quella di presentare un film per ogni anno e ne è venuta fuori una panoramica quanto mai interessante.
Purtroppo i Farfalloni sono due e non si dividono mai, per cui, pur essendo creature alate che svolazzano da un concerto di mezzogiorno a uno delle sei, da un’opera lirica a una mostra d’arte, non dimenticandosi neppure di aleggiare intorno ai luoghi di ristoro per trovare materiali alla loro malignità, non hanno avuto che pochissimo tempo per infilarsi anche al cinema Corso dove gratuitamente per tutti viene elargita un’abbondante messe filmica.
Tra i non molti film cui abbiamo potuto assistere, ad alcuni dei quali neppure per intero per ragioni di tempo, abbiamo voglia di parlare di Stazione Termini del 1953. Ne avevamo un ricordo un po’ sbiadito e siamo rimasti emozionati nel riscoprire ancora una volta la grande, semplice poeticità, e la bravura di artigiano ad alto livello di Vittorio De Sica regista.
La stazione ferroviaria della capitale è raccontata e frugata in tutti i suoi aspetti ed assunta ad espressione di un universo a sé stante che è specchio ed analogia del mondo e della vita. Un susseguirsi continuo di gustosissimi bozzetti non si limita a fare da sfondo, ma è importante contrappunto alla vicenda principale. Così il patetico e fallimentare cacciatore di femmine, con la sua borsa di frutta rotolante; la coppia di emigranti con troppi figli;
il coro dei coscritti contrapposto a quello dei pellegrini; la ronda militare e il soldatino; i quattro preti anglofoni tronfi e citrulli; la parata di carabinieri per il treno speciale che porta un potente della terra.
Il nucleo, quasi il pretesto per tutto ciò, è la storia un po’ fumettistica della vacanza sentimentale di una sposa e madre americana esemplare (Jennifer Jones) vissuta tra le braccia del bel professorino italiano (Montgomery Clift) che si conclude, come è giusto, moralisticamente.
Non possiamo non sottolineare il piccolo capolavoro delle ultime scene in tempo reale, con le lancette dell’orologio che diventano gli elementi decisivi per la sorte dei due innamorati. Purtroppo accanto alla bella fotografia di G.R. Aldo, ricca di chiaroscuri, e le musiche efficacissime di Alessandro Cicognini, stonava il pessimo doppiatore del protagonista, per cui le già non brillanti battute dei dialoghi di Truman Capote sulla sceneggiatura di Zavattini, Prosperi e Chiarini, risultavano desolantemente sciocche, e furono forse una delle cause del fiasco del film alla sua uscita.