33 – Giugno ‘87

giugno , 1987

Nelle belle sale al secondo piano di Villa Amelia, a Porta S. Pancrazio, si è tenuto il consueto Spring Concert, l’annuale concerto di primavera dell’ Accademia Americana di Roma, nel corso del quale sono state presentate opere di due compositori molto diversi tra loro. Thomas Oboe Lee, nato in Cina nel 1945, è attualmente fellow della sezione musica dell’ Accademia mentre Alexei Haieff, nato in Russia nel 1914, lo è stato negli anni tra il 1947 e il 1949. Sebbene di origini così lontane entrambi rappresentano bene quello che potrebbe essere considerato il tipico compositore americano di musica contemporanea. Le musiche ascoltate venerdì 29 maggio avevano in comune certe caratteristiche davvero primaverili:
erano infatti ben confezionate, senza drammatiche profondità, con un po’ di gradevole technicolor, non prive però di un caldo pathos coinvolgente; forse più austero il giovane Lee, astutamente ammiccante e più smaliziato l’anziano Haieff.
String Trio (1985) di T.O. Lee, è un brano in un tempo solo di carattere tardo romantico, con tematizzazione degli intervalli, anche molto ampi e ben torniti; le armonie sono continuamente cangianti e vi ha una parte preponderante il violoncello che, spesso, acquista un piglio quasi concertante. Molto bravi i componenti dell’ Ex Novo Ensemble: Carlo Lazari (violino), Mario Paladin (viola) entrambi attenti e precisi e Carlo Teodoro (violoncello) che ha dato al suo strumento sonorità bellissime.
29 Fireflies, book II, V-XI, consiste in sette piccoli brani che iniziano con quello che quasi è un ricercare che poi si stempera in reminiscenze chopiniane, forse un po’ lunghe e monotone. La pianista Shihomi Kishida è stata molto corretta ed in alcuni punti ha saputo trarre dalla musica di Lee ottimi effetti.
I Three Pieces for Violin and Piano (1944) di Haieff sono costituiti da un’arguta e concisa polka, una bella e ampia air, eseguita dal violino che acquista soprattutto per la parte armonica assegnata al pianoforte un sapore accentuatamente esotico, poi il ritornello che sviluppa tra una manciata di leggere sincopi, una bella e stringata melodia. Con la Kishida si è dimostrato molto bravo e agile il violinista Massimo Coen.
Harp Trio (1986) in prima esecuzione assoluta, è un brano di Lee abbastanza ben costruito, con buoni accenni di contrappunto, anche se è appesantito qua e là da alcune prolissità. L’esecuzione di Francesco Chirivì al flauto, Massimo Macrì al violoncello e Nazarena Recchia all’arpa è stata molto buona, ritmicamente corretta, e attenta alle sfumature.
Duo for Flutes (1982) di Haieff anch’esso in prima esecuzione con il quale si è conclusa la serata, è stato eseguito in modo magistrale dai due flautisti: Francesco Chirivì e Bruno Lombardi che hanno offerto cinque «momenti» musicali di piacevole e raffinata semplicità, accattivanti e sensuali.

Il «St. Louis Jazz Club» di via del Cardello 13 è diventato con gli anni una delle più note città del jazz frequentatissima da romani e forestieri di passaggio. I programmi e gli esecutori si avvicendano a ritmo sostenuto in stagioni che anno dopo anno mantengono un buon livello medio. Nel nutrito programma del mese di maggio noi abbiamo scelto di parlarvi della King Kenton Craze Band di Massimo Nunzi, che ha proposto a fine mese una serata di musica molto tradizionale, filologicamente ben presentata. Tutti e undici gli esecutori sono sciolti e sufficientemente intonati, malgrado qualche esitazione nei momenti cadenzali d’insieme e gli «a solo» non particolarmente originali. La sezione ritmica, sebbene un po’ ovvia è estremamente precisa ed il pianoforte è sinuoso e scattante. L’altra sera era ospite della band il cantante Gegé Telesforo, dalla voce gradevole, ma che dovrebbe imparare a non accentare troppo gli inizi di frase. Una musica che fa passare piacevolmente una serata è ancora più gradevole, se al bar chi sta dietro al bancone non si lascia prendere dal panico e sa preparare un corretto Stinger e lo porge con sorridente disinvoltura, noi l’abbiamo apprezzato!