29 – Febbraio ‘87

febbraio , 1987

In mezzo

«Si può dare di più» recita una canzonetta all’ultimo festival della canzone italiana. La cantano tre begli «eterni ragazzi» e c’è il rischio che piacerà ai giovani, reduci dalle mille proteste finite nel nulla. L’impegno torna ad essere roba da canzonetta; ma l’anima del mondo è tenuta in piedi dalle mode musicali. L’unico inconveniente è che il ciclo pare ripetersi immutabile. Fino ai vent’anni, la musica accompagna la trasgressione, sia il ritmo di un tango, nel 1910, o lo sconvolgimento rockabilly, nel 1986. Subito dopo ci si assesta su di un atteggiamento nostalgico: era già lo sviluppo economico e i nostri padri sulla seicento che portava la famiglia al mare continuavano a cantare i successi di Natalino Otto; mentre la malinconia di Luigi Tenco continua ad essere cantata oggi da ultraquarantenni delusi che il mondo non sia cambiato. Chi ha anche più di quarant’anni si tende disperatamente sempre più indietro cercando la sua musica e non sempre la ritrova. «Sono solo canzonette» ci ha avvertito qualcuno e i più continuano a confonderle con la vita. La vita è altro, ma si preferisce passarci attraverso con la minore consapevolezza possibile. Prendere coscienza è l’esperienza più disastrosa che possa capitare ad un essere umano: c’è infatti così poco di accettabile in noi e intorno a noi che il riflusso diventa profilassi universale. Tutto va bene per rifugiarcisi: la coppia, il gruppo, la professione e la famiglia allo stesso modo che la droga e il sesso, la religione o la psicoanalisi, purché l’obiettivo sembri raggiungibile. Si corre all’appuntamento con lo psicoanalista, come si correrebbe dalla puttana preferita: tra il divanetto e la poltrona del professionista si potrà inscenare un altro numero spinto. Non c’è colpo basso che non sia lecito perché il nudo dell’anima risulti sconvolgente, visto che il gioco non permette di mettere a nudo il corpo: e così la psicoanalisi diventa una specie di Kama Sutra spirituale. Del resto non c’è da stupirsi che tutto questo avvenga, dopo che la storia ci ha dimostrato come sia stato possibile banalizzare e tradire insegnamenti come quelli di Socrate e Cristo, Kant e Gandhi. Si potrebbe essere tentati di rinunciare, ma rinunciare a qual cosa implica il rischio di dover rinunciare a tutto, anche alle canzonette. Meglio allora incominciare ad accettare qualcosa, qualcosa che forse non è il meglio in assoluto, ma che ci pare meglio.
Così a qualcuno pare meglio un insegnamento, e poi si accorge di aver scelto l’insegnamento perché ha scelto il Maestro. Ad altri parrà meglio aver scelto una famiglia, perché ha scelto un uomo o una donna. A qualcuno basterà aver scelto canzoni per tutta la vita. Ma non tutte le scelte sono uguali!
Finché si vive, si partecipa del presente e si progetta un futuro, di cui siamo responsabili, non tanto dì fronte agli altri, quanto di fronte a noi stessi. Un miliardo di uomini egoisticamente felici e nessun uomo infelice non sono la stessa cosa che un miliardo di infelici e un uomo felice.
In mezzo ci sono infinite possibilità, in mezzo ci siamo noi.