28 – Gennaio ‘87

gennaio , 1987

La voce della Poesia

«In tutta la mia vita non ho mai esercitato un atto di violenza né fisica né morale. Non perché io sia fanaticamente per la non violenza. La quale, se è una forma di auto-costrizione ideologica, è anch’essa violenza. Non ho mai esercitato nella mia vita alcuna violenza né fisica né morale semplicemente perché mi sono affidato alla mia natura cioè alla mia cultura.» (Pier Paolo Pasolini)

La voce della Poesia è forse la sola che abbia saputo parlare con efficacia contro la violenza.
Agli altri che non sono Poeti restano a disposizione alcuni strumenti e più poveri linguaggi per tentare di capire ed arginare un fenomeno che coinvolge tutti gli esseri umani, ad un tempo vittime ed artefici di una violenza globale che molti sono indotti a credere connaturata all’uomo da sempre.
I fenomeni di violenza turbano non tanto questo o quell’ordine costituito, ma i più elementari diritti di sopravvivenza ed i più intimi bisogni di libertà, chi se ne occupa deve però essere abbastanza consapevole dei propri limiti, da imporsi il più rigoroso metodo di indagine anche per il raggiungimento di minimi obiettivi.
La psicoanalisi, scienza «umana» per eccellenza, si preoccupa di indagare non solo ciò che l’uomo appare o crede di essere, ma anche ciò che non sa di essere. Socrate, filosofo forse, grande creazione poetica certamente, poneva in questa ignoranza la causa, e lo stesso essere del male. Il male è sempre violenza, e la violenza è sempre male, anche quando è agita per la «giusta causa», in tal caso potrebbe tutt’al più essere un «male minore».
Una gerarchia dei valori potrebbe considerare variamente i concetti di «maggiore» o «minore», ma tutte le gerarchie di valore sono elaborate da uomini e la violenza è sempre agita contro l’uomo.
Ragionamenti eccessivamente sintetici e magari semplicistici come questi non possono certo rendere conto di un problema dibattuto da quando l’essere vivente ha cominciato a dibattere; per questo chi non può contare sul meraviglioso privilegio di essere voce di Poesia, ma è più impersonale e collettiva realtà deve combattere (triste destino delle parole: si può solo fare guerra alla guerra!) perché ogni particolare possa essere analizzato lì dove si realizza, senza la pretesa onnipotente di analizzare l’universale.
Anche per queste ragioni, e per un bisogno di esplicitare convinzioni profonde su di una così vexata quaestio, non può che far piacere che il primo argomento di cui l’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali si occuperà, usando anche alcuni spazi di questa stessa rivista, sia proprio la violenza ed il vandalismo.