27 – Dicembre ‘86

dicembre , 1986

Tabacchiere

Pare che Wolfgang Amadeus Mozart fosse affranto dal numero eccessivo di tabacchiere con cui principi e vescovi ritenevano opportuno ricompensarlo dopo un concerto o per una partitura appositamente scritta. Questi oggetti assolutamente superflui, per quanto preziosi, potevano difficilmente costituire una solida base per un padre di famiglia alle prese con i problemi di ogni giorno. Evidentemente non riuscì a fare in modo che i nobili del tempo cambiassero le loro abitudini, se ancora nel 1790 scriveva all’amico Puchberg che era sua viva speranza di arrivare ad avere almeno otto allievi che gli garantissero l’indispensabile per sopravvivere. Così accadde che morisse in miseria l’uomo la cui musica avrebbe garantito a molti la ricchezza nei secoli successivi. Anche oggi il mondo è prodigo di tabacchiere con artisti e scienziati, che, spesso, per vivere e per lavorare, sono costretti a restar abbarbicati ad un impiego o, peggio, a far le muse «appigionate» alla corte di questo o di quello. Persino il premio Nobel è una sorta di tabacchiera, se confrontato con i problemi economici della ricerca scientifica; e le passerelle dei premi letterari ed artistici sono addirittura un affronto all’indigenza di troppi letterati ed artisti. Eppure l’arte e la scienza rendono ricche molte persone che solo raramente sono artisti e scienziati. Il problema non è solo quello della mercificazione: infatti perché turbarsi, visto che tutti siamo anche
merce? Il problema caso mai potrebbe essere quello della distribuzione dei guadagni, visto che scienziati ed artisti producono ricchezza. Un problema che si aggiunge ai problemi è quello del criterio in base al quale si decide di rimunerare lo scienziato e l’artista, che, in genere, è proporzionale alla quantità di denaro che è capace di mettere in movimento. Qui la strada dello scienziato si divide da quella dell’artista: infatti il valore scientifico è proporzionale al valore economico in modo diretto, mentre inverso sembra essere il rapporto tra valore artistico e la moneta con cui lo si paga, almeno fino ad una certa soglia.
Questa inversione del rapporto fa pensare con profonda sfiducia al possibile valore morale di gran parte dell’umanità, che infatti, rivolgendo le sue preferenze alle manifestazioni più scadenti dell’arte dello spettacolo, ne determina il successo anche economico. Si viene così a determinare un razzismo metafisico: da una parte pochi intellettuali che disprezzano l’umanità sterminata che ha il difetto di essere mediocre e dall’altra folle che sopraffanno, insieme con il proprio, ogni altro anelito individuale verso meno piatti valori. A monte, c’è il problema culturale ed il problema economico da cui la cultura dipende: il circolo è, come si dice, «vizioso». Chi è più furbo: Mozart, morto di fame tra le inutili tabacchiere o chi, oltre che ottenere il Premio Nobel, avrà saputo organizzare un maggiore o minore organismo economico in grado di dare la sicurezza a lui ed ai suoi figli? Ai posteri non importerà neppure di saperlo.