27 – Dicembre ‘86

dicembre , 1986

Il 3 novembre porta ancora con sé l’atmosfera lugubre e gelida del giorno dei Morti; forse ciò spiega la gelida depressione che aleggiava nella sala Orfeo del Teatro dell’Orologio, all’apertura della settimana dedicata alle Nuove Forme Sonore. Abbiamo visto un pubblico dall’atteggiamento scostante, subire, fingendo (male) di apprezzarla, un’ora di orribile musica. A noi è soprattutto dispiaciuto che, in queste pretese nuove forme della musica, ci sia così poco di nuovo e tutto invece risulti scontato e risaputo: un’obsoleta accozzaglia di vecchie sonorità, malamente riciclate.

Sono stati eseguiti cinque brani di cui riferiamo per dovere di cronaca:

Under the Moon, di Fernando Mencherini, per trombone, in prima esecuzione assoluta, consisteva in una bruttissima ricerca timbrica, basata su di una sola idea, noiosamente ripetuta: dopo un’amalgama di suoni, sempre molto sgradevoli, veniva dallo strumento, puntuale e prevedibile, uno «schiocco-pernacchia» e questo per tutto il pezzo.

Etiquettes, di Edgar Alandia, per pianoforte, tentava di costruire un discorso timbrico; ma l’esito era uno squallidissimo brano da salotto.

Chez Perez, di Giancarlo Schiaffini, per otto strumenti, in prima esecuzione assoluta, risultava essere di sconfortante ovvietà, intriso di sentimentalismo dolci astro, e trovava i suoi spunti migliori in una risibile parodia delle sonorità di Ligeti.

Estructuras I, di Jesus Villa Rojo, per quattro legni, in prima esecuzione italiana, si limitava ad un’antologia di trilli, cigolii, rumori, volgari trucchi, come la riproduzione onomatopeica del rumore del vento tra le fronde e lo struscio delle labbra sull’imboccatura dello strumento ed in più qualche suono direttamente proveniente dall’apparato gastrico e respiratorio.

Monsieur Piquot l’eremita, di Arduino Gottardo, per trombone e otto strumenti, riproponeva (inspiegabilmente, poiché gli autori sono diversi) la stessa formula sonora del trombone udita nel primo brano, con l’aggiunta, qua e là, di qualche muggito, su di un brulicante ed indistinto sotto fondo sonoro.

Sebbene gli esecutori fossero abbastanza giovani, ci hanno stupito le loro esecuzioni flaccide ed eccessivamente depresse, consiglieremmo loro, visto che sembrano avere rapporti di amicizia, non solo di smettere di comporre e di suonare, ma di iniziare un trattamento psicoterapeutico di gruppo.

Sempre per quel dovere di cronaca cui abbiamo prima accennato, elenchiamo i loro nomi, ma non siamo certi che ciò li possa favorire: Annalisa Spadolini, flauto; Sandro Pippa, oboe; Roberto Rosi, clarinetto; Silvia Pizzolato, fagotto; Giancarlo Schiaffini, trombone; Shalom Budeer e Luciana Ciolfi, violini; Dan Vartolomei, viola; Vincenzo Cavallo, violoncello; Valeria Tarsetti, pianoforte.