27 – Dicembre ‘86

dicembre , 1986

Giorgio Caproni, con Il Conte di Kevenhüller (ed. Garzanti, 1986, p. 182, Lit. 26.000) ha offerto agli amanti della sua poesia un dono quasi inatteso, che ha stupito più d’uno, nel momento del suo apparire, non molto tempo dopo che nella stessa collana era stato stampato il volume contenente tutte le poesie. Insieme al dono c’è forse un’intenzione che è enigmatico decifrare e che pare essere contenuta già nel titolo. Il titolo è un elemento forse non necessario per una raccolta di poesie; eppure questa volta tutti i titoli paiono specchiarsi nei versi che seguono, ma i versi sono titoli, a loro volta, per i titoli che li precedono. Un governatore di Milano emana un editto, promettendo una ricompensa a chi ucciderà la fiera che ha sbranato due fanciulli. Ma «La Bestia assassina/La Bestia che nessuno mai vide» è proprio la Parola: se si ucciderà la Parola non resterà che il silenzio?
Allora ecco le immagini, e, oltre, i suoni, che non sono Parola e non hanno corpo, eppure con i suoni e con le immagini ritorna la Parola: «la porta Morgana» che conduce al luogo dove si trova «la sola preda degna».
Vorremmo dire a Caproni che abbiamo trovato i suoi versi bellissimi, immediati e antichi, in cui ironia e paura si confondono, e rivolgergli una domanda: perché il suo Papageno non dice esplicito quell’unico verso (Gute Nacht du falsche Welt!) in cui ci pare sia racchiuso il senso di questo bellissimo libro di Poesia?