26 – Novembre ‘86

novembre , 1986

Martedì 28 ottobre siamo finalmente riusciti ad arrivare all’Auditorium di Via della Conciliazione, dopo che una serie di contrattempi ci aveva costretto alla rinuncia nelle sere precedenti. Il programma comprendeva il Concerto n. 2 in mi bemolle maggiore, per clarinetto e orchestra di Carl Maria von Weber e la Sinfonia n. 6 in la minore («Tragica») di Gustav Mahler; il solista era Vincenzo Mariozzi e dirigeva Giuseppe Sinopoli. Nella prima parte delle serata il famosissimo brano di Weber ha fatto bella mostra di sé: l’allegro iniziale è stato interpretato da Sinopoli correttamente, sottolineando non solo gli aspetti brillanti, ma anche quelli un po’ ombrosi e malinconici. Ci ha stupito la prima entrata del clarino, assolutamente fuori tempo, come se fosse stato colto di sorpresa; poi però il bravissimo Mariozzi si è messo a dialogare perfettamente con l’orchestra. Nel secondo movimento si infittiscono le ombre e si accentua la malinconia e il clarino ha saputo sfoggiare un’ottima velata cantabilità. Bene anche l’ultimo tempo: abbiamo apprezzato che Sinopoli fosse attentissimo a non offuscare e spegnere la bella e vellutata sonorità del clarino. Certo che in alcuni punti avremmo voluto l’orchestra ritmicamente più incisiva.

Mahler diceva che le sinfonie sono come le città, ma le sue sono, a dir la verità, vere metropoli e la sesta è una costruzione gigantesca. Nonostante le inevitabili prolissità, il compositore riesce però a tener sempre desta l’attenzione. L’allegro iniziale è stato affrontato dall’orchestra con un bel piglio energico evidenziando con ironia anche gli aspetti impettiti. Lo scherzo è una serrata danza intrisa di momenti di uno strano barocco-rococò e da suggestioni che si troveranno poi esplicitate nella musica di Strawinsky, poi, a sorpresa, si stende in momenti più dilatati. L’andante è un bellissimo brano, stupefatto, languido e meditativo. Il finale, per lo più concitato, è ricco di chiaroscuri e di suoni gravi e, talvolta, grevi, con momenti di ingenua e disarmante serenità.
Abbiamo trovato bravissimo Sinopoli, sia nella chiara esposizione di quella miriade di spunti tematici, sia nella sua capacità di seguirli, senza mai affossarli in una nebulosità indistinta, in quel loro errare continuo attraverso tutte le sezioni dell’orchestra. Qualche entrata ci è parsa leggermente esitante: poteva anche essere una scelta estetica. Il pubblico, per niente stancato da quella valanga di note, ha applaudito entusiasticamente.