26 – Novembre ‘86

novembre , 1986

Non siamo stati solo una volta al ristorante Ezio di Via del Gesù 71 e sempre aveva destato in noi alcune perplessità, ma la nostra ultima esperienza è stata talmente disastrosa che ci ha convinto a parlarne malissimo.
Il ristorante è indubbiamente situato in un bel punto di Roma, inoltre, d’estate si può anche mangiare fuori. L’interno è invece angusto e tristanzuolo, se per di più vi capita di essere accolti da una ragazza scorbutica vi viene subito voglia di andarvene. I due Farfalloni, coi loro malcapitati amici, si sono seduti, cercando di rimanere allegri e sereni nell’animo; ma ciò che abbiamo mangiato e bevuto è stato talmente sgradevole e avvilente che la nostra iniziale allegria si è andata lentamente spegnendo, ed alla fine eravamo anche noi mogi e antipatici come il locale. Neppure l’alcol, speriamo etilico, contenuto negli orribili vinacci, bianchi e rossi, è riuscito a tenerci un po’ su. Le crèpes agli spinaci ci hanno fatto drizzare i capelli in testa, non erano altro che un rotolo di pasta collosa immerso nella panna; i cannolicchi allo speck erano realmente cannolicchi con speck, senza nessun tentativo di comunicazione tra i due ingredienti; forse altrettanto cattiva era la carbonara, con l’uovo ancora crudo e la pasta acquosa.
Tra i secondi, con stupore, abbiamo trovato un abbacchio scottadito più che mangiabile, fragrante e non rinsecchito, ma poi gli ossibuchi, mal cotti e insignificanti, e l’abbacchio alla cacciatora, troppe volte riscaldato e con un dominante gusto di salsiccia rancida, ci hanno fatto precipitare ai livelli più bassi della cucina. Una charlotte accettabile e una crostata di visciole troppo fredda e dalla pasta cruda hanno chiuso il pasto. Il prezzo non è stato certo basso.

In posizione strategica tra l’aristocratica Via Giulia e l’affollato Corso Vittorio sta la Taverna Giulia, in Vicolo dell’Oro 23. Il locale concede qualcosa al folclore e dichiara la sua ispirazione ligure con un busto di Cristoforo Colombo, l’arredo rusticheggiante e un servizio tra il reticente ed il parsimonioso. Tanto di cappello però per la serietà e la correttezza della gestione e per la conduzione della cucina. E’ vero che i prezzi non sono molto bassi, e lo si capisce subito dalla carta, ma si ha la contropartita di merci di prima qualità. Noi qui ci torniamo spesso e ne siamo usciti sempre abbastanza soddisfatti. La lista non offre una scelta sterminata di piatti, ma è ben equilibrata e abbastanza costante, per cui noi possiamo dire di aver gustato, nel corso degli anni, quasi tutto quello che viene proposto. Ci piace molto il pesce spada affumicato, un antipasto davvero superlativo; proviamo spesso anche il mosciame di tonno, per noi commovente ricordo delle estati infantili passate in «riviera». Tra i primi troviamo eccellenti le troffie al pesto, una pasta rustica al giusto punto di cottura, condita da un pesto profumato e dal sapore grintoso e non aggressivo. I pansotti alle noci costituiscono un primo un po’ insolito e si può essere indulgenti verso una loro forse non indispensabile pannosità. Meno brillanti ci paiono le tagliatelle ai funghi e pomodoro, per il condimento un po’ slegato. Qualche zuppa interessante e qualche altro piatto di pasta completano le offerte di primi.
Tra i secondi preferiamo la trippa, dal sapore delicato, con un sugo profumato di erbe che non prevaricano; lo stinco al forno è perfetto, per qualità della carne, punto della cottura e bontà del trattamento, si scioglie in bocca deliziosamente. Buono anche lo stracotto, benché non abbiamo riconosciuto nel sugo la sontuosità caratteristica del barolo. Tra i dolci troviamo eccellenti la crème
brulée e la mousse di cioccolato.
La scelta dei vini è buona: sono presenti alcuni dei migliori produttori piemontesi e liguri. Noi prediligiamo un Pigato di Albenga, profumato e leggermente salmastro e il Gattinara di Travaglini (spesso accade che i rossi siano serviti a temperatura troppo bassa). Qui ci piace anche ritrovare il Rossese di Dolceacqua che eravamo soliti gustare sul posto, nella mescita di Garosci, nei lontani pomeriggi di estate. Che il giudizio dei Farfalloni sia inquinato dal sentimento?