26 – Novembre ‘86

novembre , 1986

Il film Regalo di Natale, di Pupi Avati è un’opera decisamente valida, curata in tutti i suoi aspetti, dalla recitazione al commento musicale, dalla fotografia al montaggio. Particolarmente efficace è il dialogo che, pur avendo ritmi teatrali – nonostante i flash back, vi sono lunghi momenti in cui l’azione si svolge in tempo reale – pure non dà mai l’impressione di essere teatro filmato, ma conserva una ben precisa dimensione cinematografica.

È un film duro, in alcuni punti spietato, però carico di una sensualità, ora sommersa, ora esplosiva. È un film che esalta l’amore omosessuale e usa questa carica erotica, all’inizio, anche per deviare l’attenzione degli spettatori, che non possono fare a meno di essere intrigati da un avvio che sembra il prologo di un appuntamento tra uomini soli, per i quali una partita di poker può essere un plausibile pretesto d’incontro. Così il giornalista che raggiunge l’amico nella stanza d’albergo o l’istruttore atletico che indugia in un contatto col giovane impegnato in un esercizio all’attrezzo o il vecchio che manda a monte con un approccio impossibile l’avventura con una femmina di lusso. Ma poi si vuol far credere allo spettatore che l’obiettivo vero è quello di spennare un ricco industriale con una partita combinata, in cui il campione, spalleggiato dagli amici, spennerà il pollo. Non ci vogliono però molti «giri» di carte per intuire che qualcosa non marcia nel senso giusto. Nel frattempo vengono fuori splendidi personaggi: Franco soprattutto, vero e proprio eroe d’amore; tradito dal suo più caro amico, traditore da sempre, che prima di tradirlo ancora lo induce a manifestare con rabbia dolorosa il suo sensuale innamoramento, in una scena intensissima in cui dai due sdraiati sul letto è tanto ipotizzabile che nasca un bacio, che il regista, consapevole degli effetti che si propone, usa i più frequentati trucchi del mestiere, fino alla sottigliezza di far cessare la musica degli archi proprio nello stesso momento in cui in altri film l’inevitabile scena del bacio finalmente si consuma: se lo aspetta Franco, se lo aspettano gli spettatori… Con una geniale virata la storia cambia ancora direzione: non è il vecchio industriale la vittima del raggiro, ma è proprio Franco, cinematografaro fallito e uomo eccessivamente sentimentale.

Abbiamo appena detto come la musica di Ritz Ortolani sia inserita bene: non è mai commento pleonastico, sottolinea i momenti di tensione, di malinconia, sensualità oppure disperazione, sapendo anche tacere al momento dovuto. Ottimi tutti gli interpreti: Carlo Delle Piane, Gianni Cavina, George Eastman, Alessandro Haber e sopra tutti Diego Abatantuono, dal linguaggio realistico e poetico allo stesso tempo, capace di sprigionare dal personaggio una carica erotica intensa, stupefatta e ingenua, accorato e misuratissimo nel momento della tragedia.

Non è, come sembrerebbe, un film disperato, perché se c’è ancora una persona al mondo capace di amare così fino in fondo, sebbene destinata a divenire vittima, vale comunque la pena di giocare. Nel film le donne sono una presenza così lontana da diventare invisibili o irriconoscibili, come la moglie che Franco incontra nel corridoio dell’albergo, il mattino dopo, quando lui è reduce dalla partita di poker e lei da un convegno galante, consumato poche stanze più in là.