23 – Giugno ‘86

giugno , 1986

Paradossi

Un paradosso sembra essere quello dello Stato che, paternalisticamente, vuol garantire i cittadini che anche la loro salute mentale può essere tutelata attraverso gli organismi giuridici e burocratici interni al proprio sistema. Così che, mentre il servizio sanitario nazionale non arriva a garantire il minimo di assistenza, nonostante le migliaia di medici e tecnici ospedalieri laureati e abilitati, ma costretti all’inattività e alla disoccupazione dalla mancanza di strutture adeguate; ciò non di meno il parlamento pretende di legiferare in materia di psicoterapia, senza che esistano strutture statali che prevedano la formazione di un qualsiasi tipo di psicoterapeuta, dal momento che neppure lo psicologo, licenziato dall’ università di stato è, a tutt’oggi, abilitato all’esercizio della terapia. Addirittura si vorrebbe creare dal nulla e per decreto legislativo l’entità in grado di giudicare quale delle innumerevoli correnti di psicologia dinamica e non dinamica possa venire legittimata a curare e a preparare coloro che dovrebbero prendersi cura delle situazioni di disagio psichico.
Ci vuol poco a concludere che un intervento come questo può generare solo una lotta selvaggia, tesa a strappare la preda ambita: il paziente, che lo Stato di diritto avrà privato della sua libertà di scelta, realizzando in modo totalitario quel plagio da cui pretenderebbe di difenderlo, tanto che, più che plagiato, il cittadino in questione diviene «forzato».
Un altro paradosso è quello della cultura radical-illuministica dei nostri pubblicisti, che in questi giorni strepitano, confondendo un processo per truffa con un capitolo dell’Inquisizione.
Così che l’astuto personaggio che fino a ieri, ben rifornito di alibi culturali e politici, andava costruendo grattacieli finanziari privi di fondamenta, è additato quale esoterico persuasore di deboli menti.
O tutte le menti che reggono le sorti della politica e della cultura che oggi conoscono il favore del vento sono ugualmente «deboli», oppure ben robuste erano le menti di coloro che, seguendo lo stesso vento, gli avevano affidato le proprie sorti esistenziali ed economiche.
Servo encomio, ieri, e codardo oltraggio, adesso, sono il corso e il ricorso di una cultura piccina che mantiene vivo il ricordo degli «autodafé». Purché si salvi la splendida «ragione» vale ben la pena che qualche principio di libertà venga rinnegato e qualche uomo – troppo debole o troppo forte per piacere ai mediocri -venga bruciato.

La salute mentale e la libertà di decisione sono beni da salvaguardare ad ogni costo ma questa salvaguardia è una questione di benessere sociale, che non si può inventare e neppure decretare nei tribunali o – quel che è peggio mistificare, attraverso l’uso immorale della carta stampata.