23 – Giugno ‘86

giugno , 1986

Alla Galleria Apollodoro di Piazza Mignanelli, Gino Marotta ha esposto I giardini diApollo e altre storie barocche: una ventina circa di quadri ad olio su tela di medie e grandi dimensioni. In questa sua prova pittorica Marotta propone un distillato degli infiniti profumi del Barocco. In lui è assente del tutto il neoclassicismo, ma è presente tutta la corposa sensualità della pittura del Seicento e la sua festosità coloristica. Ciò che ci ha affascinato di più in lui è stata appunto la sua capacità di compenetrare il colore con la forte tridimensionalità delle immagini. Guardando questi boschi, questi soli adagiati sull’erba, le architetture sospese nella luce, il rincorrersi di spesse curve policrome ci risuonava in testa il verso del G.B. Marino: «È del poeta il fin la meraviglia.» E meraviglioso è l’arguto gioco barocco di trasportare avanti e indietro per tre secoli le sugge-stioni di artisti come Bernini, Friedrich e Savinio; non, si badi bene, per una pura e semplice citazione, ma per un autentico sconfinamento spazio-temporale. Meraviglioso anche lo spudorato e allo stesso tempo ingenuo uso dell’oggetto misterioso, che induce gli osservatori più banali ad evocare i fantasmi degli archetipi junghiani. Noi non riusciamo a capire perché, quando si parla di arte e ci sia l’ombra di un mistero, tutti citano sempre il povero Jung che dell’arte ha capito davvero assai poco, seppur è vero che inconscio collettivo ed elementi archetipali sono sempre presenti in ogni opera d’arte, e non soltanto, come pare per alcuni, quando l’artista ammicca al misterioso. Una piacevole sorpresa è il catalogo di questa mostra, oggetto di autonoma preziosità, forse il primo di una serie di quaderni della Galleria.