20 – Marzo ‘86

marzo , 1986

Il 20 febbraio del 1816 fu rappresentato «nel nobil teatro di Torre Argentina» «Alma viva o sia L’inutile precauzione – Commedia del Signor Beaumarchais – di nuovo interamente versificata, e ridotta ad uso dell’odierno teatro Musicale Italiano da Cesare Sterbino Romano (…) con musica del Maestro Gioacchino Rossini».

Nel 170° anniversario di quella sera, l’opera è ripresentata nello stesso teatro grazie alla collaborazione tra le due pubbliche istituzioni del Teatro dell’opera e del Teatro di Roma. Dopo un certo numero di repliche in questa sede straordinaria, sarà, in marzo, ripresa al teatro di piazza Beniamino Gigli.
Di questo speciale allestimento si è fatto un gran parlare; ma a noi pare che sia senza infamia e senza lode, eccetto che per un aspetto: il delirio assoluto dell’informazione sul cast che nelle varie sere si avvicenda sulla scena: alle due cantanti annunciate sul programma e che avrebbero dovuto alternarsi nel ruolo di Rosina, se n’è presto aggiunta una terza e poi una quarta e le diciture sui manifesti risultavano così imprecise che anche per gli altri ruoli principali, tutti doppi, era quanto mai arduo attribuire il nome dell’interprete. Noi abbiamo cercato di riconoscerli un po’ dalla faccia e un po’ dalla voce; ma non siamo sicuri di non aver fatto un pasticcio. Del resto non abbiamo né la tempra né il tempo necessario ad un lavoro di segugi!
Ci ha confortati la (quasi) certezza che il Maestro Marcello Panni ha sempre diretto la ridotta compagine dell’orchestra.

Che il Barbiere di Siviglia sia un’opera splendida musicalmente e teatralmente è persino ridicolo ripeterlo; eppure, ogni qualvolta ascoltiamo il capolavoro rossiniano siamo presi da quel mondo melodico di concertati perfetti ed arguti e l’avventura di quelle musiche semplici e sublimi ci riempie di stupita ammirazione. La vicenda del barbiere intrigante e del giovane conte che strappano a un vecchio barbogio la giovane pupilla, malgrado le eccessive precauzioni di costui, è nota a tutti, eppure la macchina teatrale continua a rivelarsi ogni volta efficace.
Panni ha preso posto sul podio dividendo gli applausi con Gioacchino Rossini stesso, impersonato dal Maestro al cembalo Rinaldo Alessandrini, nelle vesti del grande compositore, rievocato anche fisicamente grazie al trucco e al costume. L’orchestra ha eseguito la sinfonia d’apertura con graziosa nonchalance, come se musicanti e direttore si trovassero a passare di lì per caso; non male, ma tirando via, a meno che ci sia sfuggito il senso di una ricerca filologica basata su chissà quali principi. Eppure quella smagrita sinfonia è risultata ugualmente bella, perfetta in tutte le sue parti. Poi ha preso avvio la vicenda nell’insieme di musica e canto. Angelo Romero, come Figaro, si è prodigato con abnegazione e la sua voce, se pure non sempre duttile a sufficienza, ci è parsa nel complesso corretta, il personaggio si è anche avvantaggiato di una buona capacità recitativa. Paolo Barbaricini è stato un Conte d’Almaviva, la cui voce, dal bel timbro squillante, sapeva fraseggiare correttamente, anche se a volte eccedeva in languore. Il soprano Adriana Anelli ha voluto fare e strafare: la sua Rosina risultava un po’ pesante nelle movenze ed aveva qualche pausa di troppo prima dei gorgheggi, delle calate e dei trilli.
Sesto Bruscantini e Justino Diaz hanno reso la coppia Don Bartolo-Don Basilio irresistibile per comicità e bravura musicale, voci ben tornite e duttili, profonde e sempre adeguate alla situazione scenica. Andrea Snarski, Amelia Felle e Fernando Jacopucci hanno disimpegnato con dignità i ruoli minori.

Il coro diretto da Ine Meisters si inseriva abbastanza bene, senza combinare grossi disastri. Le scene e i costumi di Roberto Laganà e la regia di Antonello Madau Diaz hanno scelto la via di un ovvio e piacevole naturalismo, con riusciti accenti umoristici. Il pubblico contento e grato a Rossini, ha lietamente applaudito.