20 – Marzo ‘86

marzo , 1986

In purissimo azzurro è il titolo di una raccolta di versi di Elio Fiore (Garzanti, 1986, pagg. 108, Lit. 15.000) poeta romano nato cinquant’anni fa da famiglia cattolica, ma vissuto quasi sempre al Portico d’Ottavia e quindi testimone della vita del Ghetto. La sua poesia tenta così di fare ciò che millenni di storia e di teologia non sono riusciti a fare: unire ebraismo e cattolicesimo. La storia degli ebrei, che diventa storia delle vittime, o di una vittima, passa anche attraverso le vicende del Cristo, alla sua resurrezione, allo stupore della Maddalena che non lo trova più. Un unico Dio e un’unica religione sono cantati insieme con le strade del Ghetto di Roma. I momenti più belli sono certe descrizioni sommesse:

«i panni festosi appesi ai fili medievali» oppure «via dei Polacchi con i gatti sulle macchine», immagini appena simboliche: «Nel cortile, ora una colomba si è posata su un tubo di camino».

Accanto a queste piccole annotazioni in cui la religiosità ebraica e cattolica del poeta si distende pacata e senza retorica, ci sono i momenti più gridati, i ricordi terribili della furia nazista; alcuni squarci paiono anche troppo altisonanti e stridono per un attimo, prima che tutto ritorni ad avvolgersi nella storia del Portico, nel ricordo e nel bisogno d’amore.