16 – Agosto ‘85

agosto , 1985

Leoncillo

Il Consorzio Economico Urbanistico per i Beni Culturali del Comprensorio Spoletino ha allestito in una sala dell’ Appartamento Piccolomini, alla Rocca, una mostra dedicata a un’opera dello scultore spoletino Leoncillo (Leoncillo Leonardi, Spoleto 1915 – Roma 1968). L’opera di cui si tratta è la Partigiana veneta, monumento in ceramica policroma, originariamente collocata nei Giardini di Castello, a Venezia. La Partigiana ebbe fin da subito una storia travagliata: l’autore dovette modificarla, su pressioni esterne e, dopo quattro anni dalla sua sistemazione, un attentato fascista la distrusse, il 27 giugno 1961.
Dalle fotografie e dal bozzetto è difficile valutare l’esito artistico della scultura. A noi pare di vederci soprattutto un pregio: la più assoluta mancanza di retorica, in cui, dato l’argomento, sarebbe stato invece facile cadere. Ci è parso anche di percepire un limite: l’assenza di eroismo, che non necessariamente si esprime attraverso la retorica. Pensiamo che il compromesso scelto dall’autore, tra il realismo espressivo e l’astrattismo informale, abbia ottenuto il risultato di. rattrappire e rendere scialba la figura.
La cosa che ci ha dato l’emozione più intensa è stata la documentazione fotografica. sui resti del monumento. Questo è il vero significato della mostra: una condanna definitiva della barbarie.

Licata

Lungo le pareti dello scalone d’onore del Palazzo Comunale di Spoleto sono esposte le opere di Riccardo Licata, nato a Torino nel 1929. Una serie di tele che sono un inno alla noia e alla banalità.
La ripetitività insulsa, monotona, di qualunque gesto produce noia e in questi quadri si ripete la stessa piccola ideuzza di un grafismo che traccia segni variamente colorati che si inseguono su larghe bande, con andamento per lo più orizzontale, quasi a suggerire il ricordo di antiche scritture, vagamente orientali oppure, più precisamente, egizie.
La banalità sorge dai gesti scontati e prevedibili, che, a loro volta, divengono noia. L’arte di Licata oscilla tra questi due poli e tutti gli sproloqui pseudo-culturali che su di essa si possono fare servono soltanto a sottolinearne l’inutilità. L’artista deve dire quello che pensa, compromettersi, rischiare, sforzandosi di farsi capire attraverso l’arte sua; ma dipingendo, parlando e scrivendo Riccardo Licata rischia solo il ridicolo.

Ororvieto

iCon spirito di bella collaborazione tra i due Comuni è stata allestita a Palazzo Ancaiani di Spoleto, la mostra Ororvieto, che riunisce documentazioni e reperti dell’antica arte umbra provenienti dal museo dell’Opera del Duomo di Orvieto e pregevoli esempi dell’artigianato orafo contemporaneo di quella città, con l’aggiunta di un Omaggio a Maurizio Ravelli, artigiano del metallo orvietano da poco scomparso.
Anche con la successione delle sale la mostra vuole suggerire la linea ideale di continuità tra i capolavori del passato e le opere dei maestri orafi di oggi. Diapositive, frammenti di ceramiche, gioielli, offrono un panorama coerente di questo stile umbro, che raggiunge risultati preziosi, pur rifuggendo da ogni esteriorità.

Moseid

Se Penelope non avesse mai disfatto la tela tessuta nei lunghi anni di attesa di Odisseo avrebbe probabilmente ottenuto lo stesso risultato di Moseid, artista norvegese di sessantasette anni, anche ceramista ti vetraio, che espone nelle sale di Palazzo Rosari Spada il suo Orpheus, un grande fregio ricamato della lunghezza di ben cinquanta metri. La mostra è patrocinata dal comune di Spoleto.
Non solo il soggetto e le dimensioni della tela fanno pensare a Penelope, ma anche l’atmosfera che si respira davanti a quest’opera, che ha un che di ingenuo e sempliciotto, esprimendo bene i sentimenti di una buona mamma di famiglia, magari una regina di terz’ordine, che di notte si annoia. Quella che scaturisce dall’ago è una storia piena di ricordi di una cultura da scuole medie superiori frequentate tempo addietro: suggestioni della Grecia arcaica e alessandrina, miti filtrati dalla poesia tardoromantica, tracce di immagini viste non si sa dove del secessionismo e Klimt in particolare.
Lungo il pannello si svolge la storia del divino cantore e del suo amore per Euridice; i fili colorati formano le erbe e i fiori della natura germogliante, ma anche i lineamenti evanescenti di Flora, di Melpomene e di Ermes. Il fondo si fa di un cupo violetto e i fili colorati diventano fluorescenti nell’ Ade, affollato di Spiriti dove abita la Regina della Notte (quasi una reminiscenza mozartiana) insieme con Persefone e il suo sposo e dove giunge Eros che conduce verso la chiara atmosfera di Eleusium e dove trionfano la Musica e l’Amore nel cui giardino irraggiato da mille fili multicolori finisce felicemente la vicenda.
È un percorso che si compie con lieve piacere; gradevoli sono anche alcuni arazzi di meno inconsuete dimensioni e in cui si leggono tracce del vetraio di cattedrali e del ceramista. Moseid è laborioso e paziente e le notti della Scandinavia sono lunghe e fredde!

Ex voto del Brasile

L’ Istituto Italo-Latino-Americano ha allestito in via Saffi una piccola e interessante mostra di ex voto provenienti dai santuari del Brasile. Anche attraverso gli ex voto è possibile leggere la testimonianza di una civiltà. Un popolo racconta le proprie paure e le proprie speranze. Si ringrazia la divinità per lo scampato pericolo, . per la malattia debellata; ma l’inconscio collettivo esplode rivelando tutti i suoi desideri inconfessati, le libidini proibite. In una piccola, ingenua, tavoletta di legno dipinta si condensa il momento finale di una storia drammatica. In questi disegni e in questi oggetti diventano concreti i fantasmi di un gruppo sociale. La divinità benigna sa tutto questo e non ha bisogno di capire; ma noi uomini abbiamo un’opportunità di capire e di capirci. Vi invitiamo ad addentrarvi in questa mostra come si entra in un sogno e vi accorgerete così di entrare davvero nei sogni di questa gente.

Nuove matite

In questi giorni è possibile vedere a Spoleto una mostra alquanto straordinaria, che è anche difficile reperire perché ha un carattere itinerante: ora in via Saffi, ora in via del Mercato, ma anche in diversi altri. punti del centro cittadino. È una mostra di disegni che alcuni ragazzini appendono sui muri delle case, mettendoli direttamente in vendita al prezzo di cinquecento lire l’uno (ma non fatevi spaventare dal prezzo, tanto c’è la possibilità dello sconto). Tra questi giovani pittori ne abbiamo notati due, di dieci e undici anni.
Luca Sabatini lavora principalmente con matite a cera. Ricordiamo una bella natura morta dalla articolata concezione compositiva che rivela una mano già sicura e una Signora in blu in cui l’intenso sguardo della donna è messo in risalto dallo sfondo bicolore, giallo e marrone, e da un accentuato gioco di chiaroscuro sui lineamenti del volto.
Francesco Ragni si avventura anche nell’informale geometrico e usa con sapienza gli effetti vivaci di colore, mostrandosi anche molto ricettivo a suggestioni esterne, come rivelano certi suoi cavalli alati. Parlare di questi ragazzi ci pare un modo di augurare un felice futuro artistico – e non solo all’antica città di Spoleto, già così ricca di passato e di presente