15 – Luglio ‘85

luglio , 1985

Sabatini
Siamo ritornati più volte al ristorante Sabatini in corso Mazzini 52/54, per due ragioni: la prima è legata alla piacevolezza del luogo e alla cortesia e accuratezza del servizio, in un’atmosfera che mette il cliente a proprio agio; la seconda ragione è che vogliamo superare le perplessità destate dal tipo di cucina. Abbiamo studiato a lungo molti piatti e ci pare di poter dire che c’è una buona capacità di fondo, che rende veramente riuscite alcune preparazioni; ma che è disturbata dalle pressioni di una clientela che nuoce al lavoro dello chef, il quale diviene così vittima del mondo e delle sue insidie. Ci riferiamo agli pseudo intenditori di cucina, gentaccia che sproloquia su cibi e vini, brandendo spesso sul piatto la sigaretta accesa; noi che al ristorante non solo gustiamo e annusiamo quello che abbiamo nel piatto e nel bicchiere, ma allunghiamo anche le orecchie, sentiamo gli argomentari di questa gente finta bene che parla di creatività e originalità in cucina, squittisce per ogni accostamento inconsueto ed elogia ogni sugo che sia tenuto su con la panna. Costoro danneggiano anche quei cuochi seri e preparati, che per amor di successo, finiscono per smorzare ogni sapore vivace con quei colluttori che sono le salsine colorate e inquinate dalla panna. Qui il cuoco ha a sua disposizione materie prime ottime e sapide, erbe aromatiche deliziose: noi abbiamo gustato piatti che deliziose: noi abbiamo gustato piatti anche stupendi: strengozze agli asparagi saporitissime, ancora strengozze all’aglio, olio e peperoncino, con una per noi inedita aggiunta di cipollina, spaghetti al serpillo; cui hanno fatto però da triste contraltare maccheroncini fumé, fettuccine alla zingara, etc. decisamente scontati e pannosi.
Anche nei secondi c’è il rischio di imbattersi in molte preparazioni azzardate e dall’esito infelice, come l’arista all’arancia, in cui la carne troppo cotta è sommersa da fette d’agrume, che rendono il piatto dolciastro o l’arrosto alle noci, dallo spento sapore.
In questo ristorante abbiamo sempre bevuto benissimo: oltre a una buona scelta di etichette ed annate, la cantina dispone di un bianco e un rosso della casa eccellenti e serviti come si deve. Un merito, ancora, non va taciuto: in questo posto il conto è molto ragionevole e la cosa non può che essere apprezzata.

Hostaria Hamburger Time
In posizione strategica al centro di Spoleto, si impone l’insegna della Hostaria Hamburger Time di via Filetteria 43/45, che tenendo il piede in due scarpe fa l’occhiolino ai clienti d’oltreoceano e indulge all’imperante moda dei burger. Non è perciò eccessivo che un ingenuo avventore si sieda a quei tavoli con la speranza di trovarvi almeno delle buone polpette di carne. La sala è di una civetteria un po’ infantile: centrini di carta crespata e multicolore e fiorellini finti, i tovaglioli disposti a ventaglio nei bicchieri e a conetto sul piatto, sul fondo crepita il fuoco e brontola un arcigno gestore poco riguardoso, in sala serve un garbato e timido giovinetto dall’aria simpatica. In lista ci sono hamburger di vario tipo e alcuni piatti ispirati alla tradizione locale.
Noi abbiamo voluto percorrere la strada della carne macinata: alla messicana, alla Torretta, Cottage, German, e al pepe bianco. Dopo lunga attesa non resa più sopportabile da assaggi di bruschette fredde e bruciacchiate, abbiamo potuto affrontare polpette di carne, surgelate, variamente condite, ma tutte ugualmente disgustose. Il vino bianco era un gradevole Trebbiano della Cantina sociale dei colli spoletini, mentre la prima bottiglia di Sagrantino di Montefalco sapeva irrimediabilmente di tappo e la seconda, del 1981, era un denso e imbevibile brodo nero, che certo aveva troppo patito per il cattivo criterio di conservazione. Il conto, abbastanza alto, può, come recita un avviso sulla carta, anche essere maggiorato del dieci per cento dopo la mezzanotte. Ci sembra questo un gesto di rara villania, diretto soprattutto contro coloro che essendo qui per il festival sono impegnati, come spettatori o come lavoratori, tutti fino a tarda ora con gli spettacoli!

Bar Tebro
In via Minervio 1, all’angolo con via Filetteria sulla quale affaccia l’ampio déhors, si trova il Bar Pasticceria Tebro dove ci càpita facilmente di far sosta negli
andirivieni tra mostre e spettacoli. L’accoglienza è garbata anche in questi giorni
di affollamento ed è possibile, oltre che bere, fare spuntini dolci o salati. Quello che apprezziamo di più sono però i gelati di fabbricazione artigianale, dai molti gusti; noi preferiamo quelli alla frutta, saporiti e non acquosi, e la cosiddetta «zuppa inglese», insolita e molto buona. Inoltre c’è un giovane al bancone che prepara con garbo alcuni cocktail eseguiti con un pizzico di personale interpretazione. Un neo che a malincuore abbiamo notato è l’angustia e la trascuratezza dei gabinetti.

Motel Agip
Se avete un grave peccato da espiare, o, più semplicemente, se siete colti da un attacco di masochismo improvviso, andate, a pranzo o a cena, al ristorante del Motel Agip al Km. 127 della via Flaminia: uscirete soddisfatti, perché avrete mangiato e bevuto in modo disgustoso, serviti con scortesia che rasenta la volgarità. Noi siamo stati aggrediti da un brunetto ricciuto che, con insofferenza, ha accettato le ordinazioni e dopo è iniziata la vera e propria tortura. Le penne alla spoletina, stucchevole e pesante amalgama di pasta e salsiccia, facevano degna compagnia a certi spaghetti conditi con un pesto paurosamente simile a quello dei cattivi condimenti in barattolo; i maccheroncini alla capricciosa avevano espresso tutti i loro capricci rendendo troppo piccante un sugo senza altro sapore. Un roastbeef all’inglese, acquoso e insipido, le gommose braciolette di maiale e le braciolette di castrato, spinose e rinsecchite non riuscivano ad eguagliare le vette aberranti raggiunte dal pollo alla brace: qualunque cuoco, anche non professionista, avrebbe buttato quel cumulo di carbone cosparso di sale che invece è stato portato in tavola, e vi assicuriamo che ciò è detto senza esagerazione alcuna! Bruciaticci e insapori anche i crème caramel. Un rosato di Assisi ci è stato servito troppo freddo, ma era l’unico modo di rendere accettabile una bevanda disarmonica e incongruamente agrodolce. L’ambiente poi è una specie di capannone industriale, dalle luci e dai colori fastidiosi, con le sonorità e gli odori di una mensa aziendale.
Per tanto soffrire si paga anche un prezzo abbastanza elevato.

La Pecchiarda
I colpi e le voci che provengono dal campo di bocce, mescolati allo scalpiccio sulla ghiaia e alle chiacchiere degli avventori seduti ai tavoli, sono la cornice sonora di un gradevole luogo di ristoro in vicolo S. Giovanni 1, sotto, quasi, la Torre dell’Olio: la Trattoria la Pecchiarda. Si dice che sia una fra le più antiche osterie di Spoleto e mantiene tuttora un tono piacevolmente schietto.
Qui, finalmente, i farfalloni hanno potuto tirare un sospiro di sollievo, perché il dovere di cronisti si è unito al piacere di bere e mangiare bene. L’inizio è tradizionale, ma il prosciutto è molto buono e le bruschette sono gustose e croccanti e quella alla cacciagione saporitissima. Una piacevole scoperta i due grandi gnocchi alla ricotta; la pasta leggera avvolgeva un fresco formaggio e il sugo al pomodoro era profumato; gli agnolotti al burro e formaggio con un gustoso sapore di cipolla avevano una buona grinta; purtroppo anche qui si fanno madornali scivoloni sulla panna quando compaiono certi piatti di penne alla norcina o alla cardinale! Buoni e appetitosi, nella loro semplicità, i secondi piatti: coniglio alla cacciatora, faraona, rollatina di manzo, accompagnati da pomodori alla griglia al giusto profumo di aglio e di buon olio. Gradevole persino la zuppa inglese, di estrema semplicità e ingenuità.
Inaspettatamente buoni i vini della casa: un Trebbiano fresco e semplice, e un ottimo Sangiovese dal bel colore rosso rubino, con lieve profumo erbaceo e dal fondo giustamente amaro, e ancora un rosso di Montefalco dal buon carattere, con una punta di abboccato, appena percepibile. Il conto, ragionevole, ci rafforza nella opinione favorevole.

Il Panciolle
Piazza Muzio Clementi è una vera delizia: il ristorante Il Panciolle invita coi suoi tavoli apparecchiati; ma se vi lasciate attirare e vi sedete con il desiderio di una sosta ristoratrice, mal ve ne incoglierà. Sarete infatti subito travolti dal vortice di un servizio infernale, i piatti vi verranno letteralmente sbattuti in faccia e ciò che mangerete e berrete sarà indecente. Prima un’acquosa bruschetta all’aglio, poi strangozzi al fungo e tartufi o tartufi alla pasta, pasta mal scolata, condita col solito intruglio nauseabondo che si dice contenga tartufo – e non stiamo nemmeno a disquisire sul fatto che i tartufi di giugno siano solo scorzoni, perché proprio qui non c’è tuber melanosporum o tuber aestivum che tenga -. Lo spiedino è un misto di pezzi di carne e salsiccia plastificati, la bismarck un uovo al tegamino senza sale sovrapposto a una braciola di cuoio, i saltimbocca alla romana hanno un gusto stantìo, la milanese è una fettina di carne impanata dalla spessa crosta unta e la scaloppine ai tartufi ripropongono il solito sugo che era sulla pasta. I vini della casa che ci càpita di bere sono in bianco servito gelido (in una bottiglia incrostata di ghiaccio) e un rosato anonimo nel bottiglione da due litri, tenuto sul tavolo e che ha raggiunto la temperatura buona per un barolo. Siamo scappati a gambe levate, dopo aver pagato un conto, bisogna dire, assai contenuto.

Bar Collicola
Questo bar non ha nome, ma è facilmente riconoscibile perché i tavolini si estendono sulla bella balconata che aggetta sulla piazza. L’atmosfera che vi si respira è una delle più simpatiche di Spoleto: il locale è affollato di giovani musicisti, coristi e strumentisti, americani, che dividono il loro tempo tra Bach e il flipper. La conduzione è famigliare: marito e moglie si alternano o si trovano insieme dietro il bancone. Lui è simpatico e protettivo e scherza in inglese con questi ragazzi che spesso chiamano al telefono la mamma oltreoceano da una delle due cabine. Pur conoscendolo da anni, solo da poco lo abbiamo scoperto come barman di apprezzabile professionalità, che serve ottimi Claridge, Martini-cocktail, Bacardi, Witch e Alaska ad un più che onesto prezzo.
Peccato, e non sappiamo perché, il Negroni è preparato in modo scorretto!