Psicoanalisi contro n. 13 – In difesa dei ravanelli

maggio , 1985

Ogni religione ha i suoi riti, più o meno fastosi e complicati; ogni religione ha le sue verità assolute in nome delle quali impone ai fedeli un credo, una morale, regole di vita. Tra i precetti ve ne sono molti che si riferiscono all’alimentazione: alcuni cibi si possono mangiare e altri no, alcuni sono proibiti in determinati periodi dell’anno; ci sono anche prescrizioni sui rituali da seguire nelle preparazioni e nella cucina di molti ingredienti. È sempre apparso che tutto questo obbedisse a precise esigenze di carattere igienico: si tratti di norme di carattere generale, come i digiuni, utili ad alleggerire il superlavoro dell’organismo, o l’astinenza da alcuni cibi, chiaramente proscritti, di volta in volta, con riferimento all’ambiente e al sistema generale di vita di particolari popolazioni. Così sono spiegate anche le regole sulla manipolazione, che variano secondo le zone climatiche e geografiche. Le stesse regole sono raccomandate anche dalla medicina, che pure non si appoggia all’autorità religiosa.

La scienza dietetica, poi, è ricca di fantasia e raccomanda ed inventa diete, le più diverse tra loro, talvolta accompagnando le raccomandazioni con analisi delle patologie che impongono, di volta in volta, la riduzione o l’eliminazione di alcune sostanze. La storia della dietologia è disseminata di bizzarre prescrizioni alimentari, ed anche oggi che la scienza dell’alimentazione sembra così avanzata i sapienti non sono per nulla concordi sulle raccomandazioni e sulle prescrizioni. Non soltanto proliferano diete dimagranti bizzarre e contraddittorie tra loro, fondate su principi scientifici addirittura opposti gli uni agli altri; ma anche i più generali principi dietetici considerati utili al mantenimento di uno stato di buona salute mutano quanto mai rapidamente.
Che in alcune parti del mondo si mangi troppo è vero, così come in altre troppo poco. Dappertutto, forse, si mangia in modo poco salutare. In questa situazione, poi, l’industria alimentare sottilmente avvelena cibi che più o meno sotto vuoto spinto si presentano sempre più belli e carichi di mortali sostanze. Le mele un po’ striminzite, quelle verdi dentro, si dice siano le migliori perché non hanno subito troppi trattamenti e non sono state ricoperte di sostanze venefiche. La mela, l’antico frutto della fiaba di Biancaneve, quanto più è rossa, lucente, grande, tanto più è dannosa.

Ricordate Pinocchio che, schizzinoso, aveva voluto sbucciare la pera per mangiarne soltanto la polpa, poi preso dalla fame ne aveva mangiato anche il torsolo e le bucce? Racconto quanto mai educativo, allora; nella buccia della frutta si trovano le sostanze più benefiche, e inoltre le scorie che contribuiscono a ben spazzare gli intestini. Ma ora ai bambini bisogna raccontare un’altra fiaba: la buccia bisogna toglierla; non basta neppure più lavarla, la frutta. I veleni penetrano in fondo; bisogna asportarne tutta la parte superiore. Caro Pinocchio, se sei un bravo bambino obbediente, sbuccia la tua pera che il sole non è riuscito a purificare. Persino la pioggia che l’ha bagnata, spesso, era carica di sostanze venefiche. Caro Pinocchio, in questa situazione devi stare quanto mai attento ed accorto. Impara che questo si può mangiare e quell’altro no. Ma che cosa non si può mangiare, e che cosa si deve mangiare? Da sempre le carni degli animali viventi sono sottoposte a molte regolamentazioni. La carne umana, per lo più, è vietata agli uomini stessi; e poi, molti precetti e limitazioni si trovano intorno agli animali che vivono sulla terra o volano nell’aria, o guizzano nell’acqua. Probabilmente la nostra alimentazione è troppo ricca di carne ed è squilibrata. Alcuni dicono che mangiare i cadaveri fa sempre male: aumenta l’aggressività e produce una grande quantità di malattie. Per essere sani bisognerebbe essere vegetariani, così dicono molti. Alcuni sostengono ciò solamente per ragioni igieniche di sano equilibrio psichico﷓fisico; altri lo dicono per ragioni morali, affermando che non bisogna mai uccidere. Alcuni si appoggiano su considerazioni metafisiche, altri più strettamente etiche: l’uomo non soltanto non deve uccidere il proprio simile per divorarlo, ma neppure gli altri esseri viventi che vogliono vivere quanto lui.
L’uomo non ha il diritto di uccidere per poter sopravvivere. Questa è una affermazione che mi trova completamente d’accordo: non si deve mai uccidere. La vita non è soltanto bella, è anche sacra. La divinità ne è garante; la vita deve essere difesa sempre e comunque.

Una sera mi trovavo a casa di un amico molto morale, ecologico e non violento. Mi stava preparando una cena vegetariana. Sul tavolo pronti per essere tritati, una serie di corpicini rossi e verdi, faccine tonde con la barbetta, e poi braccia alzate, ancora tese e gonfie d’acqua e di vita. In fila, una serie di ravanelli, piccoli esseri in agonia. Il mio amico ne prese uno per quelle sue piccole braccia colorate, aprì la bocca, recise quel capino e lo sgranocchiò. Gli occhi ebbero un guizzo; mi ricordai immediatamente Polifemo che mangiava i compagni di Odisseo. Perché loro sì, loro che nella terra volevano vivere? Cercavano, con quelle piccole braccia verdi, il sole. Non avete mai visto le piante quanto desiderano vivere, come pulsano, si muovono, strisciano, sonnecchiano, amano? Non bisogna mai uccidere. E perché i ravanelli sì? Sono ugualmente convinto della frase che ho detto. Non bisogna mai uccidere. Forse bisognerebbe aggiungere: inutilmente. Ma ci può essere una morte utile? Bisogna essere consapevoli che siamo assassini, e allora forse uccideremo di meno e soprattutto cercheremo di rispettare di più ciò che è vivo, almeno finché è vivo.

Animali con la pelliccia o con le piume o con le squame, gli alberi e le margherite ed anche i piccoli, teneri, ravanelli.