13 – Maggio ‘85

maggio , 1985

L’idea da cui parte Jean Luc Godard è vecchia quasi quanto il mondo e altrettanto diffusa:ogni epoca ed ogni popolo hanno voluto rappresentare gli antichi miti a loro immagine e somiglianza; la storia della Natività di Gesù in particolare è stata raccontata fin dai tempi delle sacre rappresentazioni del meiioevo secondo i modi e i costumi del tempo, e non c’è presepio, da quello d’arte del settecento napoletano fino a quello casalingo di oggi, che non abbia fatto i dovuti aggiornamenti. Così è scontato che la versione contemporanea della Madonna possa essere resa da una bella ragazza che si passa il rossetto sulle labbra ed ha per fidanzato Giuseppe, che fa il tassista. Non si può dire per questo che il film sia blasfemo; anzi, da esso traspare un sentimento di religiosità profonda, che noi crediamo anche sincera. Ma si deve dire che è un film imbecille, dilettantesco e noioso.

Il Maestro svizzero fa precedere la sua opera dall’operina Il libro di Maria realizzata dalla sua allieva Anne Marie Mieville che gratuitamente e senza costrutto alcuno ci mostra un bimba autistica di nome Maria, i cui litigiosi genitori stanno divorziando, immersa in giochini ripetitivi e dissennati. Dopo il preambolo arriva Lui con il suo Je vous salue Marie, vera e propria storia dell’Ave Maria in cui viene grosso modo rispettato l’andamento della vicenda evangelica, salvo qualche lacuna culturale e qualche vuoto di memoria e con punte esilaranti per qualche scena presentata con tronfia serietà. Gabriele arriva e parte in jet e non si perita di prendere a schiaffoni il povero Giuseppe a cui l’annunciazione non ha fatto proprio piacere; Maria, un po’ sadicamente mostra con insistenza il pube al fidanzato prima e al marito poi, ma gli fa scenate isteriche se lui tenta di toccarla – eccetto far verificare a lui e al ginecologo l’effettiva verginità. Il bambino nasce proprio a Natale, mentre la neve copre il distributore di benzina del nonno, i genitori sono moderni e lei non si perita di mostrarsi nuda al figlioletto suscitando la riprovazione di Giuseppe, che è un moralista. Il piccolo Gesù è una peste, prepotente con i suoi compagni di giochi cui con grande anticipo sul suo predecessore storico pretendendo di cambiare il nome da Fabien a Pietro e via dicendo, pur di rispondere male a suo padre fa’ poi un salto nel vecchio testamento asserendo che lui «è colui che è»; infine si allontana durante una gita in campagna, per curare i suoi affari; Giuseppe si preoccupa, ma la sposa Maria lo rassicura: tornerà, magari a Pasqua. Nella vicenda trova il suo spazio anche un professore che dimostra alla sua scolaresca l’esistenza di Dio ed ha rapporti sessuali con una allieva di nome Eva. Tutti mangiano molte mele.
Quello che colpisce è l’incapacità di Godard di comporre un racconto cinematografico: il film è monotono con ripetizioni ed infastidisce per un montaggio molto spezzato, che ottiene il risultato di smozzicare il racconto e umilia la colonna sonora ricca di citazioni, interrotte malamente, di Bach, Chopin, Mahler e Dvorak.

Resta ingiudicabile la prestazione degli attori e proprio risulta inspiegabile la grande campagna promozionale che al film dello svizzero e protestante Godard hanno fatto, su opposte barricate, Giovanni Paolo II e i gesuiti.