11 – Marzo ‘85

marzo , 1985

Anniversari

Non si può certo rallegrare del tentativo di repressione che, ancora una volta, la magistratura sta operando, in più situazioni, nei confronti della libertà di stampa. Certo è che, di rado come in questi casi, è difficile provare umana simpatia o comprensiva partecipazione per le posizioni delle due parti in causa, tanto la lotta sembra riguardare solo l’alternarsi delle vicende di due forme conclamate di abuso di potere.
Dell’abuso di potere della magistratura si è sempre parlato attraverso la carta stampata, dell’abuso di potere della stampa si è anche ampiamente discusso, ma soprattutto attraverso la stampa medesima.
Del punto raggiunto dall’informazione e dai mezzi di opinione non c’è motivo alcuno di soddisfazione.
Ci sono giornali che hanno trent’anni e fogli che hanno un anno: farebbe piacere potersene rallegrare; ma stare allegri è difficile, perché chi ha un anno non possiede elementi sufficienti per augurarsi longevità; mentre chi di anni ne ha trenta può spacciare per fenomeno di costume l’instaurazione di un regime di malcostume giornalistico, preoccupante proprio per la credibilità che è riuscito a costruire intorno a sé.
Una credibilità che parte dalla professionalità; ma che arriva al ricatto. Il ricatto è senz’altro una delle caratteristiche di ogni sistema di potere e scandalizzarsene troppo è ingenuo: è più utile opporsi.
Si crede, molto spesso, che esistano responsabilità impersonali dei sistemi che non comprometterebbero necessariamente la qualità degli individui: ma è la moralità degli individui che costruisce sistemi immorali. L’immoralità professionale è una delle colpe sociali più gravi.
Si può decidere di fare un mestiere, oppure si può essere costretti a farlo; ma è importante farlo con onestà. Sommamente disonesto poi è usare le armi del proprio mestiere per mettere in dubbio, in malafede, l’onestà altrui, tacendo la propria incompetenza su argomenti specifici e basando le insinuazioni sulla diversità delle opinioni e delle ideologie, oltre che su una razzistica intolleranza, mascherata da critica di costume. Accade così che, sfogliando un florilegio della saggistica di costume degli ultimi trent’anni, si vedano incautamente accostati articoli di coraggiosa denuncia e sghignazzanti tentativi di linciaggio. Quaranta anni di falsa democrazia e trent’anni di manipolazione delle opinioni ci hanno insegnato l’indifferenza verso le vittime: da Aldo Braibanti a Giuliano Naria, insieme con l’indiscriminata assuefazione a sorridere di tutto: della droga e della psicoanalisi, dell’aborto e della camorra. Se gli psicoanalisti d’assalto ci hanno fatto, col tempo un inconscio così, i giornalisti selvaggi hanno aiutato il sistema ad uccidere, per anestesia progressiva, giorno dopo giorno, ogni residuo delle nostre coscienze. Del resto, se è opinione radicata che il diritto stia dalla parte della tiratura, è anche vero che un trentennio può risultare più nefasto di un ventennio.