9 – Gennaio ‘85

gennaio , 1985

Questa volta vogliamo parlare di due libri che hanno qualcosa in comune: la loro natura di raccolte di saggi scritti in varie epoche, la somiglianza degli stili e la collocazione geografica e culturale dei due autori, entrambi docenti all’università di Torino.

I Costumi della Traviata di Massimo Mila (Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1984, pagg. 325 Lit. 25.000) raccoglie una serie di articoli e saggi scritti in tempi diversi e ordinati secondo un criterio che non è quello cronologico della loro stesura, ma quello di un itinerario ragionato lungo la storia dell’opera in musica dalle origini ai nostri giorni. Non però nella forma di una storia del divenire di questo genere artistico; ma attraverso sprazzi di luce che illuminano un aspetto, un momento di questo evolversi. La scrittura sciolta e semplice rende la lettura quanto mai piacevole. Le osservazioni, sempre intelligenti, talvolta pungono, fanno riflettere sui problemi dell’arte e del suo significato – e non solo dell’arte musicale – ieri e oggi.

Il teatro in musica sorge a Firenze nel tardo Cinquecento, ha il suo assetto di genere autonomo nel Seicento, continuamente si trasforma – come i costumi della Traviata, opera che viene presa come punto nodale del divenire del melodramma -. Fino a che l’Ulisse di Luigi Dallapiccola apre il problema se oggi abbia ancora senso questa forma d’arte. I vecchi linguaggi sono superati; ma i nuovi riescono a parlare in teatro? Un’opera nuova deve essere rodata, come una macchina, dice Mila, e solo alla fine del rodaggio si sarà in grado di dare un giudizio. Vale ancora la pena di far raccontare storie cantate dall’inizio alla fine con accompagnamento dell’orchestra? Perché no? Si potrebbe rispondere.
Le acute osservazioni di Mila stimolano miriadi di riflessioni nell’ascoltatore e nel compositore; e, in effetti, vien voglia di dire: Perché no?

Il libro di Noberto Bobbio Il Futuro della Democrazia (Einaudi, Torino, 1984, pagg. 170, Lit. 12.000) è un libro estremamente intelligente e terribilmente pericoloso. Le analisi sono lucide, precise e chiare. Guai però se il libro cadesse in mano di uno stupido: indurrebbe in costui la convizione panglossiana che, questo in cui viviamo, sia il migliore dei mondi possibili. Bobbio è un illuminista saggio, quindi, sotto sotto, è un ottimista e spera in un mondo migliore retto da una buona democrazia. Ci spera; ma, da tutte le parti salta fuori che non ci crede troppo. Il primo saggio, che dà il titolo alla raccolta, mette molta ansia e paura: parla delle promesse non mantenute della democrazia, che sono sei – e sono così gravi che, alla fine il lettore si domanda se la democrazia sia una possibilità umana -. Negli altri articoli continua disperatamente a convincerci di sì, di sì e di sì: problemi politici, filosofici e giuridici sono esposti con semplice precisione, ma ovunque serpeggia l’inquietante ipotesi che, tutto sommato, la democrazia sia un falso storico e una gigantesca illusione. Questo piccolo libro è anche utilissimo a chi vuole avere una panoramica sulla filosofia politica dall’antica Grecia ad oggi. Tutti possono capire e i lettori intelligenti sono indubbiamente stimolati alla riflessione. Nonostante tutto, vi è un invito continuo a lottare perché diventi vero che il governo della democrazia sia anche il governo delle (buone) leggi.