9 – Gennaio ‘85

gennaio , 1985

Per parlare della bella mostra di Riccardo Tommasi Ferroni alla Galleria Rondanini, di piazza Rondanini, ci si potrebbe invischiare nell’elencazione di una lunga serie di nomi di pittori: dai manieristia a David, che la sua opera fa affiorare alla memoria: «…e lì ricorda questo, e là ricorda quell’altro…»; ma, secondo noi, dirlo significa non aver capito la pittura di Tommasi Ferroni. Certo, vi sono molte citazioni; ma lo stile è autonomo, personale e coraggioso – ci vuole coraggio a dipingere bene – assolutamente inserito nel dibattito estetico contemporaneo. Una pittura non mistificante, lontana da fumosi intellettualismi e da quella miseria spirituale che ama travestirsi da austerità. Di fronte a chi guarda si apre un bel respiro luminoso e colorato; la luce radente si insinua dappertutto, in un attento dialogo con le ombre, che stanno lì a significare una leggera inquietudine; il disegno è preciso, talvolta ossessivamente realistico e taluni oggetti: una scarpa, un sacco nero di plastica, hanno l’aria stupita, come se fossero colti in una loro fantastica nudità.

Grande anche la ricchezza degli argomenti: bibbia e vangelo, ciclisti e cupole, un Mal di Roma annotato tra i ruderi dove annaspano gatti randagi o in campagne dove si svolgono epiche battaglie che sono del mondo della storia non meno che di quello del sogno.