7 – Ottobre ‘84

ottobre , 1984

In Italia, fin dalle elementari, i ragazzini si sentono raccontare questa storiella: «In un mattino, non ben precisato, di alcuni secoli fa, Galileo Galilei, si recava a messa nel Battistero di Pisa. Devotamente inginocchiato, ad un certo punto, con slancio mistico, alzò gli occhi verso l’altare: un sacrestano aveva appena acceso, con uno di quei lunghi attizzatoi con in cima una fiammella, una lampada appesa a una lunga catena.
La lampada, urtata dal bastone, oscillava, oscillava… Il pio Galileo, insieme con i padrenostri, sentì un pensiero ronzargli nella testa: corse a casa, prese dei fogli, appese oggetti a dei fili, facendoli oscillare, tracciò linee; e alla fine scoprì che le piccole oscillazioni di un pendolo sono isocrone».

Noi farfalloni invece abbiamo scoperto, in un archivio che non possiamo rivelare, una lettera autografa di Galileo Galilei al sacrestano del Battistero di Pisa, nella quale il Grande Italiano si rivela perdutamente innamorato del giovane chierico: parole d’amore e anche qualche accenno alla sua bravura nell’accendere i lampadari.

Quindi i farfalloni hanno dedotto che: 1) Galileo Galilei andava a messa nel Battistero di Pisa non per devozione, ma per vedere il sacrestano; 2) quel giorno alzò gli occhi all’altare non trasportato da slancio mistico, ma per guardare il giovane; 3) e questa è la meravigliosa rivelazione dei farfalloni: quindi le piccole oscillazioni del pendolo non sono isocrone. Un tale, di questi tempi, ha fatto la stessa meravigliosa operazione culturale e scientifica: scartabellando negli archivi freudiani ha creduto di scoprire che Freud ha rinunciato alla sua prima teoria sull’etiologia delle nevrosi – per cui queste deriverebbero da una violenza sessuale realmente subita in età infantile – per timore dei ben pensanti e per paura di restare isolato nel mondo scientifico dell’epoca e per queste ragioni avrebbe preferito formulare in seguito la teoria, meno sconvolgente, in base alla quale il ricordo della seduzione che emerge durante l’analisi non sarebbe altro che un falso ricordo, frutto delle morbose fantasie sessuali del bambino, che vengono ricordate però come fatti realmente accaduti.
Secondo questo tale, scoperto questo tutta la teoria freudiana e le sue pretese terapeutiche crollerebbero come castelli di carte.

Per Jeffrey Masson, autore del pamphlet Assalto alla verità, (Mondadori, 1984, pagg. 301, Lit. 18.500), vale la teoria che le motivazioni che inducono uno scienziato a dire una cosa infirmano o convalidano assolutamente, per se stesse, la validità delle affermazioni medesime. Non hanno, per Masson, nessun valore la serietà e la profondità delle indagini e delle osservazioni, il riscontro quotidiano da un punto di vista esperienziale e clinico, nella cui critica neppure prova ad addentrarsi; tantomeno gli sembra rilevante il fatto che per decenni moltitudini di lettori delle opere di Freud in esse si sono ritrovati, o da queste hanno ricevuto spunti per capire di più se stessi e il mondo. Noi siamo i primi a sostenere che la scienza sorge sempre da un desiderio e mai soltanto da osservazioni obiettive, però diciamo anche che scopo della scienza è tendere alla verità e che questa verità deve essere riscontrabile dall’esperienza e nell’esperimento, cioè nella vita. Aver abbandonato la teoria meccanica e riduttiva di una seduzione reale, è stato estremamente utile per far sì che gli psicoanalisti abbandonassero l’atteggiamento poliziesco, tutto teso a scoprire il misfatto e i colpevoli.

I colpevoli certo ci sono: le violenze sui bambini si compiono. I bambini molto spesso sono vittime della brutalità degli adulti; ma i bambini sono anche seduttori reali, spesso sono loro che frugano con piacere e allegria sotto le gonne e tra i calzoni degli adulti.
Altre volte tutto questo è solo fantasticato: questa è la storia di ognuno e di tutti. Il frivolo libro di Masson può interessare soltanto qualche pederasta inconfessato che gode nell’immaginare stuoli di bambini violentati.