05 – Luglio ‘84

luglio , 1984

Come dirlo

L’occasione del XXVII Festival dei Due Mondi ha tutte le caratteristiche del massimo interesse per chi questo foglio scrive e per chi lo legge cercandovi punti di riferimento utili ad orientarsi negli spazi, sempre un po’ indefiniti, della cultura e dell’arte.
Il Festival, per sua natura e, crediamo, non senza intenzione di chi lo vuole e lo rende possibile, rappresenta anche un avamposto dove il fuoco delle opinioni è più intenso. Le opinioni, anche se non sono fatte solo di parole ed hanno sempre conseguenze che vanno oltre le parole, pure, delle parole si valgono per esprimersi.
Sembra che ci siano parole sufficienti per giustificare ogni cosa e per condannare ogni gesto; le parole diventano scarse, però, quando si cerca di esprimere un giudizio. I Farfalloni sono venuti a Spoleto con una gran voglia di vedere e conoscere, nonché di esprimere giudizi. I giudizi non sono necessariamente il Giudizio e chi giudica può scegliere se essere giudice oppure Il Giudice; anche chi raccoglie il giudizio può agire, in un senso o nell’altro. La psicoanalisi e l’arte conoscono una lunga storia di amori e disamori, di reciproci sensi di superiorità e di inferiorità; i Farfalloni non sono a Spoleto per interpretare, se non nel senso che anche loro faranno una parte; e guai a chi lo nega! In questi giorni, in questi pochi chilometri quadrati di terra umbra, saranno anche più di due mondi a incontrarsi e a scontrarsi, a conoscersi e ad ignorarsi, i Farfalloni vorrebbero, con infiniti percorsi, tessere una trama, non necessariamente coerente, ma il più ricca possibile di spunti e di colori presi dalla festa. E’ bene affermare chiaramente il nostro rispetto per tutto quanto oggi significano queste due settimane, nella cultura e nella vita sociale, per tutti coloro che ad arte e cultura fanno riferimento.
Un rispetto dovuto ai princìpi e alle persone; e ai miti.
Proprio questo riferimento al mito e ai suoi luoghi è giusto che sia esplicito: il richiamo viene da lontano, la cetra di Orfeo ha trovato sempre nuove mani a raccoglierla quando il Caso o il Fato hanno per un istante sospeso il suo canto; se è retorico ricordarlo, sarebbe empio dimenticare. Il senso del mito non è tanto nella celebrazione; anzi chi più lo mantiene vivo ne trova significato profondo in un’azione che non si arresta, ma si apre consapevolmente alla realtà sempre nuova.
Di questa realtà vogliono essere partecipi anche le pagine di questo foglio. Con quale diritto? Solo col diritto di chi prova un piacere di chi vuole rendersi conto fino in fondo e di cui vuole rendere conto.
Ci preme rivendicare il diritto di PSICOANALISI CONTRO di abitare i luoghi dell’arte: un maestro ci ha allevati e alla sua scuola abbiamo imparato che nulla esiste senza che abbia trovato i modi per esprimersi e che Eros passa attraverso il bello e lì si ferma perché ha scoperto che ciò che è bello è anche vero.