3 – Maggio ‘84

maggio , 1984

Ci è venuto da mettere in parallelo la lettura e le osservazioni su due libri da non molto tempèo usciti, magari l’operazione non è legittima, ma così è successo. Il primo volume, La camera da letto, di Attilio Bertolucci, (ed. Garzanti, 254 pp. Lit. 20.000) è un poema scritto da un vecchio poeta, che fa parte a buon diritto della non numerosa popolazione dei grandi scrittori italiani, carico di esperienza e di ufficialità.

Il secondo volume è l’opera prima di uno scrittore trentaseienne: Seminario sulla gioventù, di Aldo Busi (ed. Adelphi, 353, pp. Lit. 16.000).

Entrambi i libri ripropongono l’antico tema della ricerca del tempo perduto. Infanzie che si dipanano, spunti psicoanalitici da tutte le parti, le diverse età dell’uomo e il mondo percepito in due modi opposti e simili allo stesso tempo. La morte e i colori in Bertolucci: la morte come richiamo costante, sentita come la può sentire un contadino, non come un andarsene via, ma come sparire tra i papaveri. Il rosso dei papaveri e la morte dell’ingegnere concludono appunto il poema; o meglio si interrompe qui il lavoro di un poeta dalle spalle solide che non ha paura della psicoanalisi, o che finge di non averne. Per tutta la lettura ci ha accompagnato un linguaggio arcaicizzante, mai eccessivo, che dà al tutto un sapore di nenia accanto al fuoco; estraneo comunque al richiamo che, per omaggio alla moda, l’autore fa nel risvolto di copertina al freudiano Romanzo famigliare di un nevrotico.
Fili rossi e continui nelle vicende del romanzo di Busi sono il sadomasochismo e la fuga; storie di un senso di colpa originario che si svolgono in campagne abitate da gente cattiva e in città troppo citate dalla letteratura.

Un autore che deve liberarsi dai modelli e dal bisogno di essere spudorato; ci pare che per essere un poeta valido qui come là, nella Grecia antica, come nella Cina di Li Po o nell’Italia di oggi non serva nascondersi dietro questo pudore a rovescio: non si può andare alla radice delle cose, se si parte dalla radice. Eppure le emozioni sono forti e questa lettura è un viaggio che, sebbene un po’ malato, è bene fare con l’autore.