I sapienti intorno alla teoria e alla tecnica psicoanalitica dicono che quando uno « psicoanalizzando » rivolge allo psicoanalista una domanda, per questo solo fatto, starebbe mettendo in atto una resistenza. Io credo che questo sia, anche, vero; penso, però che la lettura di questo tipo di domande non è così semplice come può parere. Ogni gesto, ogni atteggiamento e ogni frase espressi durante una seduta psicoanalitica, sono sempre anche, resistenze. La censura non si trova in un’area localizzabile della psiche. I contenuti inconsci vogliono e non vogliono diventare coscienti; conscio è ciò che l’Io è, adesso e qui, inconscio è ciò che l’Io era e sarà. Il conscio è costituito da un piccole, e Claudicante desiderio: da un desideno progetffinte che, chiuso nel qui ed ora, tenta di superarlo. L’inconscio è costituito da un insieme di desideri, passati e futuri, che cercano di travalicare il prima e il poi, nel tentativo di essere qui ed ora.
Il conscio è continuamente attratto dall’inconscio, ma l’inconscio non è sempre attratto dal conscio. I contenuti inconsci, come ho detto, si affollano nel tentativo di diventare un qui ed ora; ma, anche, cercano di allontanarsi dal qui ed ora, per continuare ad esistere nelle dimensioni del passato e del futuro.
Il passato e il futuro attraggono anche la coscienza, che, però, non appena vi si dirige, li distrugge, come passato e come futuro, attualizzandoli. L’inconscio, però, non è soltanto costituito dal passato e dal futuro: è anche presente, con la coscienza, pur non essendo coscienza.
La psiche umana è composta di infinite dimensioni progettanti. Dimensione vuol dire spazio, ma spazio percorribile in un tempo, spazio percorso con una velocità. Le ascisse e le ordinate della psiche sono cartesianamente utili; ma imprecise quanto utili. La « quota » serve, ma il tutto era ancor prima. Perciò Fin- conscio, spesso, si ribella alla sua tendenza a diventare conscio. La psiche ha la ricchezza strutturale di una città antica e ancor viva. Il tempo ha sovrapposto forme architettoniche diversissime, per cui, da ogni angolo, vicolo o piazza, la città sembra diversa. Forse la si può anchè, sempre, un po’ inventare.
Torniamo, ora, a parlare delle domande che vengono rivolte allo psicoanalista durante la seduta. Sono, per lo più, di tre tipi: il primo tipo comprende quelle che riguardano la persona dello psicoanalista e il suo ambiente; il secondo tipo si riferisce in genere agli argomenti teorici della psicoanalisi; il terzo comprende domande sull’andamento dell’analisi stessa che si sta conducendo. Indubbiamente, queste domande rivelano anche il desiderio di spostare l’attenzione dello psicoanalista su qualcosa di diverso; ma diverso da che? Si potrebbe rispondere: diverso dall’analisi. Ma, soggiungo: dall’analisi di che? Dei contenuti mentali dello psicoanalizzato. Ma le domande non sono forse contenuti mentali dello psicoanalizzato?
Io mi sto convincendo, sempre più, che, durante una seduta psicoanalitica, tutto sia una resistenza, e, nello stesso tempo, nulla sia da considerarsi, in particolare, come una resistenza. Io credo che l’unica resistenza che conservi le caratteristiche prinebali della resistenza s,ia2.’„iister- ruzi analisi. Anch’essa sempre comprensibile, che, però, parla un linguaggio che non può permettere la prosecuzione del discorso: è come una parola perentoria e chiarissima, dopo la quale, però, c’è il silenzio.
Lo psicoanalista tende, spesso e volentieri, a considerare resistenze i comportamenti che gli sono incomprensibili della persona con cui ha il rapporto analitico. Ogni gesto di ribellione, di aggressione, viene interpretato come resistenza. L’analista, spesso, interpreta come resistenza sia il silenzio, che le domande; ma, ribadisco, per lo più, scaglia_il suo anatema contro la resistenza, quando non capisce.
Il primi) tìpo di domande di cui ho parlato sembrerebbe raccogliere quelle che esprimono le resistenze più palesi ed evidenti. Se io chiedo all’analista informazioni sulla sua vita privata, suoi suoi gusti, sulle sue opinioni politiche, i suoi affetti, il suo passato, etc.; voglio, è vero, anche, fronteggiarlo, assumere io l’atteggiamento dgirarialifanierò, sPes so, è anche un mezzo per buttarmelo •: addosso, per scoprirmi di più:
Una signora, dopo avermi chiesto dove comperavo le scarpe, le paragonò a quelle del figlio; poi, con un apparente salto logico, mi chiese quali erano i miei sentimenti verso suo figlio, anche lui in analisi con me. Due domande interpretabili come resistenze? Io credo di no. Esplicitamente era stato espresso il desiderio di vedere i miei genitali e mi era stata fatta la richiesta di fare in modo di vedere più chiaro nella sessualità e negli affetti del figlio. Due piccole domande, appena velate, di resistenza.
Un signore, sdraiato su di un divano, in atteggiamento rilassato e disponibile, mi stava sciorinando una serie ricca e variopinta di associazioni; sembrava che le resistenze fossero del tutto abolite. Pareva quasi che l’inconscio parlasse direttamente; eppure quelle associazioni erano lontanissime dal discorso che volevano coprire. Ad un certo punto, mi accorsi che quel signore tentava, senza riuscirci, di negare la mia presenza. Mi aveva allontanato da sé, sia pur fantasticamente, per allontanare l’analisi. Non voleva più che io ci fossi. Era quasi riuscito a realizzare l’interruzione dell’analisi; però era anche consapevole della mia presenza, quindi si sforzava di presentarmi associazioni ricche, sebbene incomprensibili. Per un po’ rimasi disorientato; per fortuna, quella volta, la resistenza-fuga mi fu . chiara.
Però, secondo me, quel signore aveva tentato di resistere assai più che quella donna con le sue domande. Un ragazzo, mettendomi una mano sul ginocchio, mi domandò se in tutte le analisi si affrontavano i problemi omosessuali. Era una resistenza o un invito. Anche un invito analitico, intendo!
Un altro ragazzo fece una serie di associazioni, sciolte e libere, a proposito di una serie di libri che si trovavano di fronte a lui, sullo scaffale. Ne saltò uno solo, involontariamente; sperava che io non me ne accorgessi; aveva saltato La questione omosessuale di Tripp.
Quando si chiede all’analista di fare il punto sull’analisi che si sta conducendo, in effetti si cerca di esorcizzare l’analisi. Oppure quando ci si rivolge all’analista con la frase: — adesso che mi dici? — In queste richieste c’è anche qualcosa che rifiuta l’analisi; ma spesso le domande sono formulate in modo che contengono già in sé frammenti di risposte.
Vorrei ora fare un’osservazione generale sulle domande: non dimentichiamo che uno dei moduli linguistici più tipici del nostro parlare è quello di rispondere usando una domanda. Che è, sì, beniteso, un tentativo di eludere, ma è anche un modo di rispondere. Noi abbiamo introiettato questo modulo linguistico, perciò, spesso, in analisi, si risponde con una domanda, ci si scopre con una domanda. Ma ci si scopre per- che ci Si vuole scoprire.