Psicoanalisi contro n. 3 – IL GIUDIZIO UNIVERSALE

dicembre , 1993

Il concetto di sublimazione è un concetto soltanto apparentemente semplice. All’interno del pensiero freudiano ha una
collocazione precisa ed è organico e coerente con quel sistema teorico nel suo complesso: la pulsione sessuale non si dirigerebbe sempre e direttamente verso la propria soddisfazione, ma si trasformerebbe, spesso, fornendo cosi l’energia sufficiente alla realizzazione delle attività più importanti per la società civile: l’arte e la scienza. L’energia sessuale, incanalata in queste attività, sarebbe soprattutto quella perversa, cioé quella che più massicciamente viene repressa, o meglio, rimossa tramite l’educazione. I desideri perversi non sono anomalie di una personalità malata, ma sono presenti in tutti fm dai primi istanti di vita, dice S. Freud. Due tendenze, una interna all’individuo e l’altra esterna, contribuiscono, durante l’infanzia e la prima adolescenza, a costruire l’essere umano psichicamente sano; la pulsione sessuale, dall’interno, nella sua ricerca di soddisfazione, lentamente, supera ostacoli, trova modi e oggetti per sfogarsi secondo natura; l’educazione e i precetti sociali, dall’esterno, contribuiscono a far sì che tutto questo avvenga e non è dato di sapere quale tra le istanze sia la più importante. Il concetto di sublimazione descriverebbe ed espliciterebbe l’uso che l’evoluzione naturale
e i condizionamenti sociali fanno del di più di energia sessuale che rimane inespressa. Che in tutte le attività umane e quindi anche nella produzione artistica e scientifica sia palesemente presente il desiderio sessuale sembra così evidente da non richiedere nessuna dimostrazione. Il concetto di sublimazione sembrerebbe perciò quanto mai ovvio e consequenziale alla teoria freudiana; in realtà, così come lo ha enunciato S. Freud e collocato nel suo pur geniale pensiero, è un concetto o inutile, pleonastico, o addirittura antieconomico; è inutile in quanto non spiega nulla, antieconomico perché pone una serie di problemi irresolvibili che si affollano, rendendo eccessivamente complicato ed oscuro il concetto stesso di sessualità. Questo è il destino di ogni sistematizzazione teorica, che quanto più coerente, tanto più vede affollarsi attorno le contraddizioni e scagliarlesisi contro una varietà di concetti oscuri. Da quando esistono scienza e filosofia, nessuno è ancora riuscito a produrre una teoria organica e coerente non solo nei confronti del mondo esterno, ma neppure nel proprio interno. Allora i casi sono due: o si smette di elaborare teorie oppure si accetta questo dato di
fatto L’esaltazione della contraddizione come elemento vivificatore è giusta e mortifera allo stesso tempo. Giusta in quanto esprime l’accettazione della vita, cosi com’è, nonostante tutto; mortifera perché contraddice questa stessa accettazione, disorientando l’essere umano che, nel suo vivere, nonostante tutto, vuole capire ed avere punti di riferimento.

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Il concetto di sublimazione è però più pericoloso e contraddittorio di altri, anche all’interno del pensiero freudiano; perché impoverisce, rendendola praticamente incomprensibile, la pulsione sessuale e ancor più impoverisce queste due attività umane già sufficientemente ambigue che sono l’arte e la scienza. Freud ha sempre contrapposto alla pulsione sessuale un altro tipo di pulsione: in una prima teorizzazione vi ha contrapposto la pulsione dell’Io e di autoconservazione, in una seconda teorizzazione vi ha contrapposto la pulsione di morte che opponendosi alla pulsione di vita si contrappone anche alla sessualità che di quest’ultima fa parte. La pulsione è energia dice Freud e questa energia dalla natura e dall’educazione deve essere in qualche modo, incanalata, guidata e manipolata. Non soltanto i desideri sessuali vengono in parte rimossi e deviati: anche altre energie pulsionali non sessuali non sempre trovano il loro soddisfacimento immediato, ad esempio, un desiderio di cibo prolungatamente frustrato o una pulsione aggressiva inibita come trasformano la loro carica energetica? Di ciò non si parla. Se l’arte e la scienza si caricassero anche di questa energia diverrebbero una specie di polveriera pericolosamente instabile, ma nonostante tutto non si capisce perché sia proprio il desiderio sessuale stesso a defluire nell’arte e nella scienza. Dietro a tutto, inoltre, viene dato per scontato ciò che scontato non è, cioé che l’arte e la filosofia siano le due attività superiori del vivere civile, quasi fossero le uniche. Ma allora la sessualità che cosa è? La terza tra le attività superiori dell’essere umano? Oppure non è altro che una penosa necessità? Anche sul genio del grande viennese pesano millenni di repressione sessuale.
Senza dubbio pesano, come pesano su di me ehe scrivo e su voi che leggete. Queste contraddizioni però sono eccessive, sia perché antieconomiche e sia perché esprimono una profonda e spaurita difesa nei confronti della sessualità. La psicoanalisi e non soltanto quella freudiana, in genere, ha avuto sempre due spauracchi: la biochimica, la farmacologia, la psicofarmacologia, da un lato e l’arte dall’altro. Il primo fa paura perché umilia il desiderio di onnipotenza della psicoanalisi insinuando che la psiche potrebbe essere controllata anche da elementi chimici che talvolta sortiscono effetti più rapidi e immediati della parola illuminante dello psicoanalista. Perciò la psicoanalisi ha scelto di negare questo tipo di intervento; non ha scelto di contestarne la validità che pur sarebbe segno di un atteggiamento vitale nei confronti del problema ma di negarne l’esistenza. La psicoanalisi lascia che gli interventi farmacologici siano gestiti dagli psichiatri, visti o come alchimisti o come pazzi irresponsabili.
Il secondo spauracchio è l’arte che disorienta del tutto per un motivo molto semplice: è troppo simile alla psicoanalisi. E allora se l’arte è così simile alla psicoanalisi, la psicoanalisi può non essere una scienza e si troverebbe a braccetto con l’impalpabile assurdità della poesia e della musica, della pittura ed del teatro; e gli psicoanalisti sarebbero troppo simili a quegli stravaganti esseri chiamati artisti; grandi magari, ma tutti leggermente squilibrati. Lo psicoanalista deve capire l’artista, mentre l’artista non ha bisogno di capire, ma deve accettare di farsi capire. Come sono stupidi gli scienziati. Quando vogliono essere scienziati!

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Io sono uno psicoanalista e sono anche un artista; non sono però uno psicoanalista-artistao un artista-psicoanalista: sono scisso? No: sono una cosa e l’altra. Sono più artista o più psicoanalista? Questo proprio non mi interessa. Mi sono chiesto spesso se sono un bravo artista o un bravo psicoanalista. Queste sono domande che mi fanno paura. Credo, però, che un essere umano si debba sempre chiedere se fa bene quello che fa. Non voglio riportare qui il caso di una persona che fa analisi con me; voglio,un po’ esibizionisticamente parlare di me. Io mi ritengo un artista che sa fare il suo mestiere: lavoro con cura alle mie opere, una attenta cura artigianale. Io non so che cosa sia l’ispirazione, o forse non voglio saperlo. Io sono una persona entusiasta di tutto quello che fa e non solo quando fa l’artista. Certo, ci sono momenti in cui mi sembra che le cose mi riescano meglio; non so quando mi riescono meglio , se di giorno o di notte, se in città o in campagna, quando sono allegro o triste, sobrio o. ubriaco. So soltanto che quando sono profondamente innamorato e I amore riesce ad avvolgermi in un’intensa attività sessuale lavoro meglio come artista; capisco di più gli altri, me, il mondo, e queste mie produzioni strane, che sento mie ed estranee nello stesso tempo. Allora la sublimazione cosa è? So di aver lavorato bene anche nei momenti in cui la malinconia e la mancanza mi opprimevano, però, l’entusiasmo che tutta la mia persona prova quando un altro corpo si fonde con il mio, mi dà un’energia tale per cui ho l’impressione di lavorare meglio; sono consapevole che ciò non è del tutto vero, ma sono certo che non lavoro peggio. E allora che ne è della sublimazione?

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Perché io sono diventato anche un artista? Perché alcune persone dicono di essere artisti? Quando si decide di diventare artisti? Non lo si decide mai, perché artisti lo si è tutti e sempre. Ho detto una banalità, ma è una banalità teneramente vicina al vero: tutti gli esseri sono artisti, perché nessuno è mai se stesso. L’artista è il menzognero per eccellenza, purché sia menzognero per amore! E tutti viviamo anche un po’ per amore. Se conoscessimo soltanto l’odio, l’aggressività, la distruttività, l’egoismo, non saremmo esseri umani,saremmo qualcos’altro, forse il diavolo? Non saremmo esseri umani. Eros abita un po’ in ognuno di noi, da sempre, ed Eros ci insegna a recitare, cioé ad esprimerci, raccontando favole, con le mani, con i piedi, con il corpo, con i colori, con i suoni, con gli occhi, con i genitali. Io passo molto tempo tra gli ulivi, in una
casa nei dintorni di Roma: a pochi chilometri c’è un villaggio, antico borgo medioevale, dice un cartello dell’ente turismo.
In una stradina, poco dopo un arco, una stradina meravigliosa, che sa ancora di fumo di legna, una ragazzetta stava badando ad un bambino che teneva tra le braccia e gli raccontava una storia, in una mano aveva un bastoncino: il bastoncino roteava, quella ragazza era bella, coi capelli castani; quel bastoncino era il giudizio universale.
Ma se siamo artisti, chi è l’artista? Perché qualcuno si dice artista? Soltanto perché, per un gioco di mercanti, di sale di concerto, di editoria, quello che fanno viene prezzolato, proprio come il gioco assurdo delle collezioni di francobolli? Indubbiamente è anche così: un essere umano viene preso, quello che produce viene definito prodotto artistico, perché così viene etichettato e allora, può essere venduto come le arance, nelle buste di plastica, con su scritto: tarocchi. Ma non è soltanto così; tutti vorrebbero essere artisti e grandi artisti, solo alcuni però diventano artisti e ancor meno sono i grandi artisti. Sempre ritorna il prezzo, sempre ritornano i mercanti, le sale di concerto e gli editori. Ma non è tutto qui: per essere artisti, bisogna conoscere Eros, e questo è indispensabile. Per essere grandi artisti Eros deve entrare dentro di noi e farci vivere teneramente innamorati, sempre, perennemente innamorati; poi si sarà schivi come Beethoven, aggressivi come Caravaggio o direttamente incarneremo Eros come uno solo ha saputo fare, nella storia del mondo: W.A. Mozart. Senza l’amore non si può neppure cominciare: ma tutti ne hanno almeno un po’ e tutti possono cominciare; poi qualcuno si ferma, perché ha paura, perché deve fare altro, perché ha vergogna. Chi non ha paura, chi non vuole fare altro, chi non ha vergogna, che cosa deve fare? Deve imparare una tecnica. E’ un artista, con l’etichetta, soltanto colui che conosce una tecnica, imparata con cura assidua, con fatica, prima da un maestro e poi da sè,
sempre nel ricordo del maestro. L’artista è solo colui che possiede una tecnica, tutti gli altri sono esseri umani che giocano con un bastoncino.

Quando e come si diventa psicoanalisti? Quando si è imparata la tecnica. Le doti naturali sono qualcosa di così ambiguo e inessenziale che sono imposssibili a definirsi. Indubbiamente per essere psicoa nalisti come per essere artisti bisogna essere sani. Sani dove? Sani nella persona, sani perché non si
ha paura di Eros e si ha voglia di comunicare, e poi perché si è appresa una tecnica. Ma allora gli psicoanalisti e gli artisti sono la stessa cosa? No, non sono per nulla la stessa cosa; però entrambi debbono avere acquisito una tecnica e questa tecnica li definisce. Io sono uno psicoanalista e sono un artista. Non ho detto quale è la mia arte: vorrei dirlo, ma adesso non ho più spazio.