Psicoanalisi contro n. 3 – AL DI QUA E AL DI LA’ DELLE STELLE

dicembre , 1993

Da quando esiste, l’essere umano è sempre stato sottomesso a tegole e precetti. Per quanto si possa risalire nel tempo, tutto ciò che riguarda i nostri antenati ci sembra strutturato in regole rigide. Il selvaggio e ancor prima il cosiddetto primitivo sono circondati di precetti che gli antropologi cercano di decifrare e che i sociologi interpretano. Io considero l’antropologia una scienza ambigua e ho l’impressione che la sociologia fatichi a trovare una propria sicurezza metodologica; forse per questo nelle loro analisi non ci parlano mai di società di uomini liberi, ma piuttosto di società matriarcali o patriarcali improntate sempre a schemi obbligati di comportamento, senza mai preoccuparsi di fornire una chiave di lettura che permetta di distinguere tra regole «buone» e regole «cattive», senza dire che l’uomo si è fondato su simili schemi e tali regole, anche per sfuggire al caos, ammesso che nel caos non ci siano assolutamente regole e non siano piuttosto soltanto poco leggibili. Nel bisogno di un ordine si è dovuto dunque muovere fin da sempre l’uomo, un ordine interno a se stesso ed anche esterno che ha avuto come espressioni una legge morale e un codice di relazioni. Noi tutti desideriamo che l’arte possa essere il regno della libertà, ma libertà da che cosa? Dalle norme sociali, dai condizionamenti
economici, dalle strettoie moralistiche?

Come artista dunque io sento l’esigenza della libertà, ma poi non sono capace di dare di essa una definizione. Appena mi penso abbandonato alla mia libertà mi smarrisco; ho bisogno di punti di riferimento, che io una volta ho scelto, ma che esistono fuori di me. Aver scelto punti di riferimento non vuol dire averli creati, né significa sfuggire al giudizio che su di essi si deve dare. Se le regole sono indispensabili, ancor più importante è però saper distinguere tra le tante ed assumersi le responsabilità che derivano dall’aver scelto tra il bene e il male. Questo è stato il primo esercizio di libertà e il solo possibile: tra i tanti, ho scelto i miei punti di riferimento, ma essi esistevano da qualche parte ed io posso solo essermi piegato a sceglierne alcuni piuttosto che altri. Sono un artista che non vuole vagare nell’indistinto, spero che nessun artista concepisca la libertà come brancolamento, spero che ciascuno sappia quali punti di riferimento ha scelto, estetici, religiosi, politici. Io ho scelto un punto di riferimento metafisico, per fede e anche per un mio personale delirio di potenza. L’ho scelto perché è oltre, insondabile ed addirittura impronunciabile, l’ho scelto per superbia, perché è la scelta più difficile, ma anche perumiltà perché è la più facile, la menoattaccabile dagli strumenti della logica. Scegliere il quotidiano, mi sembrava troppo semplice, già detto e banale, legato ad una logica che è frivola in se stessa. La scelta della metafisica mi sembra avermi liberato da un contingente che non mi ha dato mai vantaggi sostanziali; nella metafisica c’è la possibilità di una consapevolezza sia pure proiettata sempre in avanti La mia mi sembra essere diventata così anche una scommessa: nella speranza di vincerla e riuscire a spingere lo sguardo oltre quelle stelle che sono il simbolo in cielo della legge morale che sento dentro di me. Io sono un artista che vuole cantare le stelle e la legge morale e tante altre cose: la vita dei gesti semplici e di quelli eroici. Non so se l’eroe sia chi si immola sulle barricate o colui che sa sorridere ai propri simili; personalmente non credo che all’eroe si imponga una tale scelta, si può tentare di essere eroici, consapevoli della propria intenzione. L’uomo è in potenza sempre un eroe, troppo spesso però si scorda di essere anche uomo, con umiltà e con tenerezza. Io ho detto di voler essere un artista libero, sebbene non sappia cosa sia la libertà, sebbene sia convinto che l’uomo da sempre ha bisogno dalle regole attraverso cui si è costruito e su cui si fonda. Ho però bisogno di essere libero, e mi sento libero quando scrivo la mia musica; ma se, come un antico stoico, faccio un passo indietro ed «epochizzo» il mio tentativo di creare, mi vedo immediatamente chiuso tra le gabbie dei linguaggi musicali, anche se sono ragioni che comunemente vengono definite di ordine pratico: la limitatezza delle voci umane, le costrizioni delle tecniche strumentali; un flauto non può salire più di tanto, un basso non può scendere più giù di così… e poi ancora il numero degli esecutori. Addirittura poi accade che in situazioni particolari io mi trovi ad aver imposto limitazioni e regole ai musicisti con cui lavoro- dall’organico orchestrale, ai solisti, ai determinati giorni di prove tutta una lunga serie di obblighi. Pretendo sempre la qualità massima raggiungibile, il che significa costi elevati, che impongono limiti di ogni genere. Mi auguro di fare tutto questo con la più grande consapevolezza e che altrettanto facciano tutti coloro che collaborano con me. La musica che ne scaturisce come può essere segnata dalla libertà se le regole da accettare sono così numerose per tutti? Io sono tuttavia convinto di esprimere liberamente il mio pensiero musicale ed ho l’impressione che ciò sia possibile anche per gli altri. La libertà può dunque essere tale solo se è un rapporto liberamente accettato con regole più o meno necessarie. Così è per l’arte: nell’accettazione delle condizioni del proprio operare e con l’obiettivo di travalicare tutti i limiti superabili, con la garanzia di un Riferimento che, quello sì, è assolutamente libero, e ci trascende.
Io vivo da sempre in un mondo che ha in Mozart il suo centro: ho scoperto il genio del compositore salisburghese quando avevo solo sette anni e da allora vivo dentro quella musica; a Mozart io ho sempre dedicato tutto:ogni giorno e ogni pensiero, non solo musicale, ogni azione. Una sorta di mania che mi fa anche prendere per pazzo. Se fossi coerente non dovrei avere nemmeno il coraggio di provare a scrivere musica: nessuno può sperare di reggere il confronto con quella che è stata la vera voce di Dio. Dio è presente sempre nell’opera di Mozart, e non solo nelle composizioni di carattere religioso, questa profonda spiritualità è stata recentemente anche riconosciuta da S.S. Giovanni Paolo II che ha creduto opportuno segnalarla con un gesto di lungimiranza che onora tutta la musica. In Mozart c’è tutto quello che è contenuto in questo mondo ed anche l’eco di un altro mondo che per gli esseri umani è soprattutto un irraggiungibile sogno, una speranza che solo la fede può tenere viva. Se io e gli altri continuiamo a scrivere è solo perché speriamo di arrivare a bagnarci della sua luce. Una luce che viene direttamente da Dio. Ho iniziato parlando della libertà e poi mi sono perso per strada: non è possibile comprendere il senso della libertà se non si capisce la musica di Mozart, profondamente radicata nel mondo e proiettata nel trascendente. Mozart era anche un piccolo uomo che beveva birra e diceva sconcezze, ambizioso di onori e bisognoso di soldi; era così umano da essere davvero fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Così dovrebbe essere ogni uomo, ma ci è riuscito uno soltanto.