65 – Luglio ‘90

luglio , 1990

Una brutale raffica di suicidi di giovanissimi ha scosso le coscienze alla fine dell’estate.

Oltre all’inevitabile serie di domande destinate a restare senza risposta e tutte sintetizzabili con un «perché?», la cosiddetta opinione pubblica si è posta anche la questione dell’eventuale responsabilità dei mezzi d’informazione, ritenuti possibili agenti istigatori.

In fondo, si dice, la stampa e la televisione fungono da casse di risonanza e danno risalto, nel bene e nel male a modelli di comportamento cui finisce per uniformarsi passivamente chi vive essenzialmente di imitazione.

Nel sentirsi chiamati in causa, giornalisti e pubblicisti reagiscono con insofferenza, richiamandosi al concetto di libertà di stampa, al diritto-dovere di cronaca e ricordando che il fascismo proibiva di parlare di Girolimoni nelle pagine di cronaca nera.

Ora, non c e dubbio che la libertà di stampa vada salvaguardata sempre, ma ciò non significa che tale esercizio esima dalle responsabilità (o corresponsabilità).

Come è orgoglioso di essere in grado di fornire ogni volta gli strumenti per orientarsi in un mondo che da un giorno all’altro cambia persino la posizione dei suoi punti cardinali, tanto che oggi est e ovest non sono più dove erano ieri e il nord e il sud paiono in movimento altrettanto rapido, per non parlare di concetti-base come destra e sinistra; così chi riferisce fatti e forma opinioni deve essere consapevole del ruolo che può avere nell’indurre un costume sociale, nel suggerire una scelta mortale in chi ha ragioni di sentire l’esistenza troppo dolorosa.

Ovviamente il giornalista è affiancato in quest’opera .dal prete e dal politico, dalla famiglia e dalla caserma, dallo spacciatore e dall’industriale ed è innegabile che almeno formalmente egli lavora anche per smascherare la loro parte di responsabilità.

Ciononostante, se è vero – come dice Sandro Gindro – che il mito si costruisce ogni giorno, è innegabile che a costruirlo contribuiscono oggi in massima parte i grandi mezzi di comunicazione e quindi gli operatori del settore.

Chi non ha conosciuto James Dean s’imbatte così nelle tracce del suo mito e lo insegue fino alla morte, su di un ‘auto ferma, a motore acceso, forse col presentimento di quelle righe stampate apposta per lui, il giorno dopo.

La vita è il bene più prezioso e va difesa ad oltranza; ma la morte è la realtà ultima verso cui essa precipita.

Di ogni morte c’è un responsabile, e può anche essere l’autore di un réportage scritto alla ricerca del successo professionale, o della verità, o di entrambe le cose insieme.