52 – Aprile ‘89

aprile , 1989

«Leggendo le riviste psicoanalitiche internazionali degli ultimi venti anni, sempre più frequentemente si trova il termine Sé. E mentre sulla concezione strutturale della mente, che fa riferimento alle tre istanze psichiche Es, Io, Super-Io, vi è un relativo accordo fra le varie scuole, per lo meno sul piano lessicale, la stessa cosa non si può dire per il Sé.
Vi sono infatti scuole psicoanalitiche che considerano il Sé una struttura della mente, al pari delle altre istanze psichiche, scuole che utilizzano questo termine per designare la totalità bio-psichica della persona o infine per sottolineare la dimensione soggettiva dell’esperienza, evitando di dame una definizione.» Così dice M. Ammanniti nell’introduzione al volume, La nascita del Sé (Laterza, Bari, 1989, pagg. 205, Lit. 28.000).
A parte il fatto che nei confronti di Io, Es, Super-Io, nelle varie scuole psicodinamiche non esiste alcun accordo, neppure sul piano lessicale, è vero che la parolina Sé è usata da buona parte degli studiosi di psicologia e psicoanalisi, e ora persino dagli psico-filosofi (genìa pericolosissima di individui che, in genere, non conoscono né la psicologia né la filosofia) con criteri confusi e assolutamente arbitrari. Tanto che talora ci siamo domandati se non sarebbe più utile sbarazzarsene definitivamente. Perché aggiungere confusione dove ce n’è già tanta? Però, per un altro verso, la comparsa del concetto di Sé, ha in qualche modo stimolato gli studiosi della psiche a tentare di liberare l’essere umano da una frammentazione inverosimile in cui istanze, pulsioni, sovra-istanze e sottoistanze lo avevano, almeno nei libri, ridotto.
I saggi raccolti nel volume in oggetto sono divisi in quattro gruppi: Il Sé nella teoria clinica, Le radici biologiche del Sé, Il sé nello sviluppo infantile e Il sé nel processo adolescenziale.
La scelta è stata operata con estrema cura ed intelligenza: in ognuno dei brevi saggi vi sono spunti di riflessione quanto mai stimolanti, anche perché le varie opinioni messe a confronto servono al lettore per farsi una sua personale concezione di questo «Sé», che si aggiungerà alle altre, senza coincidervi e aumentando quindi la confusione, però la ricerca, come è noto, si nutre anche delle ambiguità e delle imprecisioni. A nostro personale giudizio, ottimo è il breve saggio introduttivo del curatore, sintetico e lucido, utilissimo per la lettura dei brani successivi. Il più stimolante contributo, per noi, è quello di Daniel Stern, autore anche del bel libro pubblicato nell’87, nella traduzione italiana, da Bollati-Boringhieri col titolo Il mondo interpersonale del bambino, il quale, in poche righe, qui, dimostra, anche attraverso il resoconto di elementari esperimenti, come il bambino acquisisca una unità conoscitiva ed emotiva precocissima, che si può addirittura far risalire alla vita intrauterina. Certo, alcuni biologismi troppo meccanici tolgono nerbo alle intuizioni dello statunitense e per di più l’ombra malefica delle aride, meccanicistiche, piccoloborghesi teorie winnicottiane gli tolgono molto coraggio; però, con estrema semplicità e buon senso, riesce a mettere in ridicolo il concetto di narcisismo primario di Freud, il bambino inventato da Piaget o la mamma kleiniana, grottescamente spaccata in due, con una mammella buona da una parte e una cattiva dall’altra.