40 – Febbraio ‘88

febbraio , 1988

Fuori tutti!

Non preoccupa tanto che l’amnistia possa venire estesa a qualcuno che è ben lontano da ogni ipotesi di pen-timento e faccia del perdonismo di stato la ciambella di salvataggio per un’esistenza che, altrimenti, non avrebbe altra possibilità che spegnersi tra le mura del carcere. Questo Stato che oggi tanto si interroga sull’eventualita e l’opportunita di concedere o no il suo perdono ha, in realtà, tali e tante cose da farsi perdonare che non basterebbero dieci amnistie. Per cui l’amnistia ai terroristi diventa un problema quasi irrilevante, di fronte al numero di reclusi per i quali nessuno chiede lo stesso provvedimento e che sono vittime degli stessi errori generazionali, di analoghi fraintendimenti storici, della stessa ottusità amministrativa e giuridica! Quello che preoccupa è la boria petulante di chi difende una causa che non ha bisogno di essere difesa perché è comunque perduta: dallo Stato, dalla Giustizia e dalla Rivoluzione! Piccoli e medi intellettuali hanno fatto degli anni di piombo la loro età dell’oro: prima fungendo da piccoli viscidi istigatori: sempre giustificando il delitto in quanto comprensibile reazione alla delittuosa condizione statuale permanente, invocando la trasgressione di massa come prodotto storico dell’oscurantismo e dell’oppressione di uno Stato senza legittimità; oggi chiedendo a quello Stato di legittimare con il suo perdono i delitti, rinnegati, che quell’abbaglio e quella stortura hanno indotto a commettere. Non c’e umana
simpatia possibile per i terroristi, e la questione del perdono riguarda strettamente le coscienze di vittime ed assassini; a differenza del pentimento, sul quale sono intervenuti tanti e contraddittori elementi da renderlo una parola priva di significato. Proprio come non c’e solidarietà possibile con una politica ed una cultura che fanno del perdono una questione di opportunità e di opportunismo. Non c’e, probabilmente, un solo recluso nelle carceri del nostro paese la cui pena corrisponda ad un principio di giustizia, almeno perché le carceri del nostro paese non realizzano, neppure approssimativamente, alcun principio di giustizia. Per questo è auspicabile, come è già avvenuto, seppure non abbastanza spesso, che anche questa volta il regime burocratico si pronunci per un’amnistia, più ampia possibile: con quale diritto infatti il nostro sistema giudiziario si arroga la prerogativa di giudicare? Vadano liberi tutti, poiché quelli che oggi non sono reclusi sono almeno altrettanto colpevoli, ma, per favore, non difendiamo nessuna causa particolare e, se ieri abbiamo istigato facendo attenzione a mantenere le nostre mani pulite, non cerchiamo oggi giustificazioni che ci liberino dal rimorso di aver incoraggiato anche uno solo a sparare per conto nostro! Tutto questo discorso può sembrare paradossale; ma tende a richiamare l’attenzione di quanti vanno in questi giorni appassionandosi al tema del perdono: quelle che si prenderanno saranno decisioni di spicciola utilità politica, da cui saranno assenti del tutto considerazioni di natura superiore. La giustizia si amministra oggi anche così, senza davvero porsi il problema di cosa sia giusto secondo Giustizia.