18 – Dicembre ‘85

dicembre , 1985

“Buona notte, intenditore di dolore, con due occhi azzurri come due sacchetti trasparenti, dove custodire questo dolore gelosamente e con serenità. Buona notte, anche se io non potrò dormire, perché ho il cuore ferito da un’idea”
(P.P. Pasolini, Bestia da stile).

Un numero dedicato a Pier Paolo Pasolini, nel decimo anniversario della morte, può essere un’operazione doverosa e inevitabile, come inevitabili sono i gesti di minuto o grande sciacallaggio che i piccoli vivi fanno sulla pelle dei Grandi scomparsi. Pochi uomini hanno saputo essere vincitori con la dignità e la grandezza con cui Pier Paolo Pasolini ha saputo vincere, in vita e in morte, contro la mediocrità di tutta una società. Dà qui fastidio questo coro di esegeti che autonominano vendicatori di un’umanità che, se fu stroncata, non fu mai svilita e che del proprio dolore seppe fare arma invincibile.
Troppi si sono appropriati di un’eredità spirituale destinata a tutti; ma nessuno può dirsene degno. Eppure è giusto questo contendersi il patrimonio che egli ha lasciato senza tutela, proprio perché i cani si buttassero sull’osso, ultimo avanzo, ma segno rimasto presente, sostanza che non si può negare. Provare a riavvicinarsi a Pasolini, dopo dieci anni, può anche voler dire accettare di soffrire ancora, rendere concreta la differenza, con ostinazione negata lungamente, tra l’essere e il non essere più. Amore e dolore non generano necessariamente gesti buoni, non sono neppure sentimenti sempre degni.
Ma è condanna storica che i figli, legittimi e bastardi, si cibino del corpo dei padri e che di questo gesto facciano rito. Così che delitto ed espiazione diventino un gesto solo e nella ripetizione ci siano ad un tempo la colpa e la redenzione. Il sacrificio feconda la terra da prima che mitologie ariane e giudaico-cattoliche ne facessero il fondamento dei sistemi. La colpa è il solo privilegio che resta da contendersi. Non per caso, i tribunali non seppero trovare i colpevoli veri del delitto di dieci anni orsono; perché in ogni caso gli assassini erano e restano infinitamente al di sotto della loro colpa. La città, la cultura stessa non sono ancora oggi in grado di reggere il peso di un silenzio che le condanna; per questo se ne difendono con la celebrazione. Piccole e grandi chiese si affollano di officianti e ciò è doveroso che avvenga, perché sarebbe empio non farsi carico della Vittima. Solo il riconoscimento di complicità può dare il senso di questo affannarsi di oggi. Per fortuna, il pentimento non ha valore dove manca la Poesia.