8 – Novembre & Dicembre ‘84

dicembre , 1984

Al Tusitala, in via dei Neofiti 13/a, all’angolo con Via Baccina, ti danno del «tu» e ti fanno la tessera per prenderti in giro fin da subito. In un paio di bugigattoli puzzolenti di fumo e di muffa, su tavoli non apparecchiati, tra il cesso che è a un passo e il pianoforte in bellavista, i farfalloni hanno vissuto un’esperienza raccapricciante. Dopo qualche tentativo frustrato dai dinieghi del tipo: non ce n’è più, la macchina è rotta… eccetera eccetera… abbiamo ordinato un po’ di cose, le abbiamo assaggiate, abbiamo pagato un conto salatissimo, se comparato con quanto ricevuto, e siamo fuggiti. Cosa è arrivato sul nostro desolato tavolo? Un abominevole cocktail dolciastro, stucchevole fin dal nome: Pink Panther, fatto di porto e succo di frutta tiepidi, un’insalata di mais sfatta e dissennata e un piatto di affettati che ha raggiunto vette di squallore con le sue fettine rinsecchite e trasparenti, accartocciate nella loro meschinità che toglieva ogni appetito. Abbiamo tentato di ubriacarci, prima con due cattivissime bottiglie di Pinot Grigio e poi con una «chissà perché» buona bottiglia di Sassella; mestamente qualcuno strimpellava alla tastiera del pianoforte qualche canzonetta napoletana.
A distanza di tempo ancora non riusciamo a capire la ragion d’essere di posti simili.

Una sapiente cattiva cucina si gusta invece da Luigí a piazza Sforza Cesarini. Lo chef è furbissimo e sa mascherare la cattiva qualità dei piatti che manda in tavola con un talento che ci ha sempre lasciato ammirati.
La qualità delle materie prime lascia sì a desiderare, ma le porzioni sono belle abbondanti e con tantissimo sapore; i prezzi poi sono decisamente bassi, confrontati con il mercato, ed è quindi comprensibile che qui convengano in molti, e soprattutto giovani, e caschino volentieri nel trabocchetto, quando si sentono in vena di una cena succulenta. Anche il trattamento, non è sgradevole, anzi è decisamente accattivante. Conosciamo questo locale per un’esperienza ormai antica, per cui citiamo a memoria e a caso quel che vi si può trovare. Noi abbiamo assaggiato spesso una paglia e fieno che dà immediatamente un’impressione di gradevolezza, sebbene risulti poi impiastricciata di panna; le penne all’arrabbiata, quando non sono scotte, sono arrabbiate solo per la spropositata quantità di peperoncino, che nasconde bene il sottostante sugo lento e acquoso; gli spaghetti al gorgonzola hanno anche loro il mal di cottura e il forte sapore non ne giustifica l’aspetto colloso e poco condito. Gli straccetti di manzo sono ricchi di aceto fino ad essere difficilmente mangiabili; più gradevole lo spezzatino di abbacchio al vino bianco; troppo salate e molto saporite le cervella al burro, fritte malamente e accompagnate da funghi poco noti e rinsecchiti. I dessert sono il tradizionale mont blanc, banale e pesante e il tartufo «more solito»: industriale e cattivo. Non si beve male, oltre allo sfuso bianco e rosso, ordinari, una buona scelta di vini tra cui spicca un Grumello che vale la pena di degustare.