7 – Ottobre ‘84

ottobre , 1984

Villa Medici ha aperto la stagione delle mostre con una personale di Veronique Robin, trentunenne pittrice francese, pensonnaire dell’Accademia di Francia a Roma, dopo aver vissuto in Africa e a Nizza ed essersi formata artisticamente alle Belle Arti di Parigi.

La mostra comprende cinquanta opere, tutte del 1984.
I farfalloni sono persone che hanno ancora voglia di stupirsi e anche di indignarsi. L’altra mattina, soli nelle belle sale di Annibale Lippi, erano sinceramente stupefatti che qualcuno avesse avuto la tracotanza di allestirvi una mostra del genere, e indignati che lo si facesse sotto gli auspici dell’Accademia di Francia. Attorno a noi una cinquantina di lenzuola, tovaglioli, tovaglie e asciugamani appesi alle pareti come in un’esposizione di biancheria decorata secondo i più vieti stilemi di un cardinismo o di un kenscottismo anni sessanta. I colori usati erano proprio quelli per tessuti – e fin qui niente di male – solo che questi colori si spandevano con sciocca banalità su quadrati e rettangoli di stoffa appesi, in una ripetuta assenza di temi e di proposte. Schizzi, macchie sprezzanti della forma, alludenti qua e là a floreali arborescenze, ora ridicolmente sparsi in grazioso disordine, ora in sudate simmetrie, davano solo il senso di una mancanza di pensiero, un’avarizia psichica e una desolante incapacità tecnica. Eravamo soli, e sconsolati cercavamo nella presentazione di Cesare Nissirio qualche giustificazione estetica o poetica a tanta sciocchezza; ma vi abbiamo trovato solo frasi come: «… l’impatto dell’artista con una realtà quotidiana filtrata in atti inconsci…» oppure «… negandosi come puro oggetto, la tela diviene spazio vitale in cui si intrecciano i tragitti della psiche…» o anche riferimenti a quei valori del sogno che i critici non mancano di esaltare, quando l’aggettivo onirico pare sufficiente a giustificare la mancanza di connessioni e di buon gusto di chi si vuole, ad ogni costo, artista.