Psicoanalisi contro n. 1 – La follia

novembre , 1978

La follia, la follia! Cosa ti aspetti di sentir dire ancora sulla follia?
Vuoi che ti dica che la follia non esiste? O vuoi sentirti ripetere che i «matti» sono i veri sani? I matti: gente che la sa lunga, che ha capito tutto, gente che ha saputo rifiutare le convenzioni borghesi, la banalità e lo squallore della vita quotidiana. – No agli equivoci, no al compromesso!
Preferisci che indossi gli abiti della scienza e ti parli della «degenerazione genetica », che ti insegni a curare questi poveri malati e con quali « medicine »? Le cellule nervose si alterano, si corrompono…
O ti farebbe piacere sentir parlare di quel po’ di follia che c’è in ciascuno di noi? – Ognuno di noi è un poco matto.
Quando ero più ignorante, più stupido e più ingenuo di adesso (quando ero studente) facevo spesso questa battuta: «Io non posso diventare matto, perché lo sono già ». Ero tanto contento, allora, di poter dire a tutti che ero «matto ». Lo faccio ancora adesso, ogni tanto, in «salotto ».
Come un pavone che fa la ruota, ostento il mio manto di follia con sprezzante sicurezza. Del resto, il mio vezzo di giovane di ieri è anche il tuo vezzo di giovane di oggi.
- Io sono un po’ matto -; detto con allegria. – Io sono matto da legare -; detto con orgoglio. Lo diciamo tutti e tanto basta a convincerci che «noi» matti non siamo. Se vuoi, possiamo buttarla sul raccapricciante: i matti in manicomio. Che sono sporchi, che sono trattati come bestie, che gli fanno l’elettroshock.

C’è Maria Vergine che aspetta di partorire il salvatore del mondo ed è nove anni che è incinta.
C’è Nerone nel cortile, nudo e immobile, con l’occhio fisso davanti a sé, la pelle nera come il carbone sul gran pancione cascante e un lungo filo di sperma che cola perenne e le suorine bianche che gli passano davanti e non si turbano; loro che si scandalizzano tanto per un nonnulla, quel grosso pene al vento non lo vedono neppure; tanto può la carità cristiana che trasforma l’acqua in vino e l’uomo in vegetale!
Qualunque cosa tu voglia sentirti dire sulla follia basterà a renderti tranquillo, a sentirti diverso da «lui», dal matto, che è comunque «quella cosa là», «quell’altro», uno che è «diverso» e che comunque non sei «tu».
Ci sono poi le fabbriche della follia: il grande fabbricone che si chiama «società» e le tante fabbriche e fabbrichette che si chiamano « manicomi» o «istituzioni psichiatriche ».
La materia prima con cui la società produce i matti è la «miseria », ma non tutti i poveri diventano matti: ci vuole anche un dosaggio di vari altri ingredienti, come debolezza, stupidità, egoismo e cattiveria.
Nella società succede però che anche i ricchi, qualche volta, diventino matti: per loro ci sono cliniche con muri ovattati, cure del sonno, bianchi psichiatri come angeli accondiscendenti e pacati, che sono pagati per stare a sentire e non importa se non capiscono. Ci sono ano che angeli speciali, che si chiamano psicoanalisti, così di lusso che riescono addirittura a guarire qualcuno, sono angeli miracolosi.
In genere, i malati ricchi sono contrassegnati dall’etichetta «privato»: cliniche private, medici privati, studi privati, problemi privati.
Il matto povero è invece caratterizzato dall’aggettivo «pubblico»: per lui ci sono pubblici ospedali, pubblica assistenza, lui stesso è un problema pubblico; i manicomi pubblici sono vere e proprie fabbriche sovvenzionate dallo Stato.
Qualcuno finisce anche in manicomio per cause psicologiche: un delirio, un’ansia troppo forte, un rifiuto prolungato oltre il sopportabile, cause psicologiche che si aggiungono, del resto, quasi sempre, all’esclusione, alla disoccupazione, ad una malattia che la vecchiaia ha reso cronica.
In ogni caso il sintomo più grave della follia è proprio il fatto di essere in manicomio: il ricoverato da dieci anni è dieci volte più matto. Per prima cosa il manicomio ti mette l’etichetta di «matto» e poi ti trasforma in un matto vero e proprio: ti trasforma nella psiche e nel corpo, materia inerte nelle mani dello psichiatra sadico e del visitatore caritatevole, che ti danno a poco a poco, la forma interiore ed esteriore più adatta a soddisfare il loro bisogno di follia.
Ma parlare di manicomio non spiega cosa è la follia: quello che per me e per te è la nostra voglia di essere diversi, di non essere rotelle che girano sempre allo stesso modo, del desiderio e non della capacità) di essere più liberi degli altri, di essere provocatori e rivoluzionari perché «lo schizofrenico è rivoluzionario». Questa follia di cui parliamo non esiste!
Ora so che non vuoi sentirti dire cosa significa essere matti. Non vuoi sentirti dire che il matto è una rotella costretta con violenza a ripetere il suo giro, ogni giorno di più. Non vuoi sentirti dire che nella follia non c’è libertà; ma c’è solo un’allucinante coazione a ripetere e sempre gli stessi schemi. Non vuoi sentire che il matto non è libero e non è rivoluzionario.
Il matto non è neanche la descrizione di un matto o la caricatura di un matto.
Il matto ha perso. Il matto ha rinunciato a libertà e rivoluzione. Il matto si ribella da solo. Il matto rifiuta la comunicazione. Il matto rifiuta il contatto. Il matto rifiuta con tanta più forza quanto più ha desiderato; quanto più a lungo il suo desiderio è stato frustrato.
Non ti voglio dire cosa sia la follia.
Non voglio sapere cosa sia la follia.
Io voglio curare la follia.
Io conosco persone vittime e carnefici di sé e degli altri.
Io vivo con loro le storie che hanno alle spalle, la storia che ho alle spalle.
I matti sono cattivi. I matti non sono buoni.
I matti sono i più deboli e i più poveri, ma non i più buoni.
Io sono psicoanalista.
Io non sono un medico buono. lo non sono neanche un buon medico.
Io non dico a uno sdraiato sul divano: Alzati e cammina.
Io non faccio miracoli e non credo ai miracoli.
Io sono un eretico.

Io sono uno psicoanalista di «Psicoanalisi Contro».
Io lavoro con gli esseri umani. Insieme andiamo alla ricerca del passato e della vita. Insieme cerchiamo la consapevolezza. Insieme cerchiamo di riannodare il contatto perduto.
Io non sono contro la psicoanalisi.
Io sono di «Psicoanalisi Contro». lo non ricostruisco normalità perdute. Io cerco la mia anormalità.
Io voglio vivere l’anormalità poetica e sessuale, politica e reale.
Noi di «Psicoanalisi Contro» entriamo nel manicomio per abbatterlo. Il Potere si abbatte anche con la musica e la riappropriazione del corpo. Il Potere del manicomio ha lavorato tanto per annullare nel corpo ogni segno della Coscienza.
Noi non abbiamo potere e abbiamo molta avversione per il Potere.
Noi sappiamo che il Potere non si abbatte con le parole. Ma sappiamo anche che il Potere ci schiaccia di parole sue. Noi crediamo che la liberazione dalla follia passi anche attraverso il recupero di linguaggi che non siano schiavi della parola. Io sono uno psicoanalista eretico: credo nel corpo, nel linguaggio del sesso. Io credo nella politicità del desiderio, vissuto e comunicato.
Un saggio cinese diceva che cambiare il soggettivo è un passo verso il cambiamento reale dell’oggettivo.
Io credo che la normalità sia il male e la follia sia il peggio.
Io credo che il diritto di essere «diverso» sia anche il diritto di essere «uguale ».
Io non sono matto.