52 – Aprile ‘89

aprile , 1989

Contro l’aborto

La legge 194 non va difesa: rincresce che una simile affermazione suoni provocatoria in questo momento, ma ciò nonostante bisogna avere il coraggio di dire alle donne che l’interruzione di gravidanza non è un diritto che sia loro interesse tutelare. A dirla tutta non è un loro diritto. Abortire può essere una terribile necessità che l’imprevidenza legislativa ha presunto arbitrariamente di potere in qualche modo punire e contro questo arbitrio le donne si sono giustamente ribellate.
L’aborto però come misura generalizzata di profilassi eugenetica equivale allo sterminio di massa come strumento di risanamento economico e sociale.
Le donne sono state costrette da sempre ad abortire, perché da sempre gli uomini e le donne sono stati abituati ad uccidere per guadagnarsi il loro diritto di sopravvivere. Continuare ad accettare che sia tale principio alla base del sacro diritto della donna di accettare o rifiutare di essere madre consapevole di figli di cui siano garantite condizioni almeno accettabili di sopravvivenza vuol dire continuare ad accettare l’omicidio come mezzo di lotta politica. È una scelta che si può anche fare: molti l’hanno fatta. Purché sia una scelta consapevole!
Chi si rifiuta di fare la stessa scelta deve rifiutare anche l’aborto. Non voler più abortire è un sacrosanto diritto delle donne. Non accettare una maternità imposta è un diritto altrettanto sacro. La legge 194 non è stata capace di garantire nulla e nessuno: né la vita dei figli, né la salute delle donne. Ai medici obiettori si sono mischiati i cucchiai d’oro imbroglioni, e con diagnosi compiacenti la legge è stata violata impunemente. Lo stato e la chiesa hanno operato le loro scelte ed espresso le loro condanne senza curarsi però di offrire alternative.
Un poeta morto troppo presto provò a far sentire la sua voce in difesa della vita, ma l’eco di quella protesta oggi si è persa. Il coito è un problema politico (se non si vuole accettare che sia un problema religioso): gli uomini e le donne debbono sapere che la sessualità può essere agita solo responsabilmente: nessuno può «mettere incinta» o «ritrovarsi incinta» per sbaglio o per caso. Là dove non ci sia l’accettazione della castità, la sessualità ha mille modi di esprimersi; ma nessuno può commettere l’errore di procreare perché ha confuso il suo legittimo desiderio sessuale con un gesto che ha ben altro significato e portata come la procreazione di un altro essere umano.
Se ciò è avvenuto, i diritti di un embrione sono gli stessi di chi lo ha generato.
Insomma ancor oggi è vero che «Non si possono vedere i segni di una condizione sociale e politica nell’aborto (o nella nascita di nuovi figli) senza vedere gli stessi segni anche nel suo immediato precedente, anzi, ‘nella sua causa’, cioè nel coito». (P. P. Pasolini)