47 – Novembre ‘88

novembre , 1988

Proibizionismo

Con un rigurgito di reaganismo della peggior specie, politici e legislatori stanno decidendo che in questo modo non si può più andare avanti e che il problema della droga va affrontato con decisione: ragion per cui si è pensato di fare qualche bel passo indietro e ritornare a quello che senza paura di esagerare si può definire «proibizionismo»! Non c’è bisogno di essere specialisti criminologi per sapere che proibizionismo e gangsterismo vanno di pari passo e non è neppure necessario avere visto più di qualche telefilm per sapere che la punizione del tossicodipendente è alla base di gran parte del disastro esistenziale e sociale suo e dell’ambiente in cui si trova a vivere. Questo evidentemente non basta né al politico, né al legislatore che sono invece sintonizzati su di un altro canale: quello della lotta agli spacciatori! La realtà non è però così semplice, come la vorrebbe la coppia presidenziale appena smessa e come credono che sia i loro tardi epigoni italioti. Nel nostro per tanti versi disgraziato paese quello delle droghe è diventato un problema sempre più scottante, anche per merito di un’insensata campagna che per anni ha bombardato i ragazzini delle borgate e delle cinture industriali delle grandi città con servizi e spot che fingendo di voler dissuadere, persuadono: immagini patinate e servizi «scottanti» hanno finito per creare intorno alla droga un clima «eroico» di maledizione e disperazione. L’operazione complessiva, che se non è voluta direttamente dai grandi trafficanti può essere considerata un frutto tra i più stupefacenti dell’imbecillità umana, ha avuto grande successo anche perché si rivolgeva ad una delle generazioni tra le più sprovvedute che siano mai cresciute nel nostro paese e dintorni. A questa «gioventù», di primo, ma anche di secondo pelo, nessuno ha davvero voluto dare qualcosa, ma tutti hanno impartito paternali. Ragazzi e ragazze sono praticamente costretti a vivere in assenza del benché minimo stimolo culturale, senza neppure la possibilità di poter fare riferimento a una qualche cultura altra, come, fino al periodo tra le due guerre, poteva accadere ai loro nonni analfabeti. In compenso la mancanza di valori è stata sostituita dall’unico valore concreto: il denaro, che però è per troppo pochi o che viene mal usato da chi non sa di quanti beni possa divenire apportatore. Stupidità e pochi soldi, oppure troppi soldi e la stessa stupidità sono il problema della gran parte della gente oggi. «Gente» appunto e neppure più popolo o masse, gente che deve comunque consumare qualsiasi cosa: giornali e televisione, dischi e hamburger, eroina e coca-cola. Inoltre si sa che le cose che valgono di più costano di più e la «roba» costa sempre di più… e il denaro in tasca è sempre troppo poco. Gridare a questo punto che l’unica soluzione concreta ad un problema che è sanitario e sociale, politico e culturale sia la liberalizzazione di tutte le droghe sarebbe da parte nostra un peccato di imperdonabile leggerezza che ci farebbe mancare di rispetto a quelle forze attive che in questo momento seriamente e ponderatamente stanno dibattendo la questione della liberalizzazione sì o no; ciononostante l’esperienza di sempre ci insegna che a nessuno è mai piaciuto ciò che passa il convento anche se non costa, anzi, molto spesso proprio perché non costa abbastanza e questo discorso, se vale per tutti vale ancor di più per gli stupidi. Non siamo convinti che la droga passata dal servizio sanitario nazionale sia il metodo sicuro per eliminare tutte le situazioni di criminalità legata alla droga: gangsterismo di trafficanti e delinquenza di tossicodipendenti, ma abbiamo il sospetto che la situazione non peggiorerebbe di sicuro e molti ragazzini disposti a rompersi stupidamente il collo per raccogliere il frutto proibito non sarebbero più disposti a curvare la schiena per raccogliere lo stesso frutto caduto dal ramo. Sono paradossi, si capisce, ma non meno della reintroduzione del concetto di punibilità del tossicodipendente.